XXVIa Domenica T.O.
Anno A
.... e vi andò ! |
Crescendo,
è possibile coltivare quel seme, proteggerlo e lasciare che possa arrivare al
germoglio, per poi fiorire e maturare.
E’
possibile, però, anche l’inverso. In tal caso prende piede la
parte peggiore di sé stessi, che porta alla dissipazione, all’ignavia,
all’invidia, alla cattiveria. Fino a quando non entra in gioco la grazia
attraverso, magari, la testimonianza di vita di un discepolo di Cristo.
Allora,
potrà verificarsi che:“…se
il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è
retto e giusto, egli fa vivere sé stesso.” (dal Libro del Profeta Ezechiele)
Cioè,
può ripartire per vivere e rivivere nell’amore. Scopre, così, che Gesù lo
invita a vivere interiormente, a nutrire la propria vita spirituale per entrare
in relazione con lui e con il Padre. Cambia l’orizzonte e questa nuova
relazione orienta tutto quello che dice, pensa, fa. Non cerca più il vizio e si
immerge nella carità, perché tutti i mali provengono da un’anima privata dalla
carità verso Dio e verso il prossimo. “Ma non è a me, dice Dio a Santa Caterina
da Siena, che si fa torto, poiché il male non può avvicinarmi, se non perché
considero come fatto a me, quanto fatto al prossimo.”
A
questo punto il malvagio, meglio definirlo il peccatore pentito, si rende conto
che è tutto un altro vivere, ne prende coscienza e si aggiunge al salmista che
prega così:“…i
peccati della mia giovinezza e le mie ribellioni non li ricordare: ricordati di
me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore.” (dal Salmo 24) A
poco a poco, cresce la consapevolezza che è preferibile morire di passione che
di noia perché chi ama molto, rende molto e può fare molto, e ciò che viene
fatto in amore è fatto bene. Poi vero è che di passione ce ne vuole molta per
non lasciarsi trascinare nei gorghi dell’attuale vivere quotidiano, dove coloro
che dovrebbero essere testimoni espliciti di quell’amore che fa rivivere, si
adeguano nel conformismo, nascondendo la croce di Cristo. E’ proprio vero che
“ciò che noi diamo a nostro Signore è veramente indegno di lui e ciò che ci dà
è molto superiore a quanto meritiamo.” (Sant’Efrem).
Per
questo cade a fagiolo il versetto del Vangelo:“…in
verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano davanti nel regno di
Dio.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Come
mai i peccatori passano avanti? Perché coloro che pensano di salvarsi da soli,
restano soli. I farisei che ascoltavano Gesù avevano la certezza di non aver
bisogno di lui. Come quelli che si danno da fare mettendo sé stessi al centro
dell’azione. Vale soprattutto per il volontariato di matrice cristiana, ma pure
per chi s’impegna nell’azione politica. Se non mettiamo Cristo al centro delle
nostre azioni, certo che pubblicani e prostitute ci passeranno avanti, sempre
che scelgano la via indicata dal profeta Ezechiele.
Così è e così deve essere
stato, se ci soffermiamo a leggere con più attenzione un passaggio dello
scritto di San Paolo:“…fratelli
se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della
carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e
di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la
stessa carità, rimanendo unanimi e concordi,” (dalla Lettera ai Filippesi)
Purtroppo
è lontana la speranza di gioia piena dell’apostolo, stante la situazione della
Chiesa oggi, forse occorrerebbe una nuova lettera indirizzata a tutti i vescovi
chiamati a condurre le chiese a loro affidate. Basterebbe, però, anche solo un
pensiero di Giovanni Paolo II: “Le vie sulle quali ciascuno di noi, e ciascuna
delle nostre chiese, cammina, sono tante, ma non v’è distanza tra coloro che
sono stretti insieme dall’unica comunione che ogni giorno si alimenta alla
mensa del Pane Eucaristico e della Parola di Vita.” E’ l’unico modo, per malvagi e farisei d’oggi,
per tutti nella Chiesa d’oggi, è l’unica strada da percorrere, per ripartire e
tornare a rivivere nell’amore.
Ez
18,25-28 / Sal 24(25) / Fil 2,1-11 / Mt 21,28-32
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