FRATELLO e DISCEPOLO
C’è chi non vuole sentire parlare di
croce ..... |
La fatica dei miei anni non fortifica, anzi, sento dentro di me crescere la sfiducia verso chi dovrebbe agguantare il testimone alla fine della mia corsa. Si parla sempre meno della presenza di Dio fra gli uomini, in giro ci sono sempre meno simboli religiosi e coloro che dovrebbero consolidare nella fede hanno solo piedi d’argilla. Vacillano, si sbriciolano e se appena iniziano a dire qualcosa di cattolico si dividono. C’è chi non vuole sentire parlare di croce e, quindi, spesso rifiuta l’amore che costa.
Per grazia di Dio, però, c’è
chi si lascia scaldare e purificare, perciò mi metto alla sua ricerca, anche se
so bene che la strada sarà in salita. Siamo schiavi, infatti, delle comodità,
dei compromessi, dei servizi irrinunciabili. Eppure ci viene detto: “Guardate,
vi ho mostrato la strada, chi vuole la segua. Ecco, ho acceso una fiaccola,
uscite dalle tenebre.” (da una Omelia Greca)
Dovremmo, quindi, subito ricominciare a lottare con noi stessi, con le proprie ambizioni e le proprie voglie, per riuscire a ripartire senza bagagli di sorta e senza supporti da nessuno. Come dice Gesù: “… se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.” (dal Vangelo secondo Luca)
Ogni tanto sento invitare al congedo della Santa Messa con un “La Messa è finita, come discepoli di Cristo andate in pace”. Ma come si fa ad andare in pace se per seguire Gesù bisogna divenire un altro e dimenticarsi di tutti i propri cari?
La risposta ce la dà Paolo: “… perché tu lo riavessi … non più però come schiavo … ma come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo, sia come fratello del Signore.” (dalla Lettera a Filemone)
In realtà, quindi, proprio nel momento in cui si decide per la sequela a Gesù, come quello schiavo, quel “altro” diviene fratello del Signore e come tale ritrova il senso della parentela in una logica di continuità con chi condivide la sua vita, dal suo inizio alla vecchiaia, alla morte. Sarà così giustificata, ogni giorno, la preghiera del salmista: “… insegnaci a contare i nostri giorni … come l’erba che germoglia, al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.” (dal Salmo 89)
Ecco sarà, perciò, la mia preghiera quotidiana, insieme ad altre, perché come scriveva San Massimo di Torino: “Agli apostoli, già maturi e anziani, Gesù dice “se non diventerete come bambini …” e li invia alla fonte stessa della loro vita, li incita a ritrovare la fanciullezza, affinché questi uomini, le cui forze stanno già declinando, rinascano all’innocenza del cuore.”
E’ bello sentirmi dire che posso, che devo essere come un bambino, proprio perché, a pensarci bene, è l’età in cui non puoi fare a meno del padre, della madre, delle persone che ti vogliono bene, l’educatore, il confessore, il fratello, la sorella con cui giocare, gli amici con cui legarsi per tutta la vita. E in tutti, ecco, mentre ritorno alla mia infanzia, alla mia fanciullezza, ritrovo sempre proprio Gesù, che mi è padre, madre, fratello, sorella, amico. E, aggiungo, per gli sposati, marito, moglie, figli.
E’ così, quando ci si decide e ci si sforza di essere discepoli di Gesù, ed è per sempre, soprattutto dopo la morte.
Sap
9,13-18 / Sal 89(90) / Fm 1,9b-10.12-17 / Lc 14,25-33Dovremmo, quindi, subito ricominciare a lottare con noi stessi, con le proprie ambizioni e le proprie voglie, per riuscire a ripartire senza bagagli di sorta e senza supporti da nessuno. Come dice Gesù: “… se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.” (dal Vangelo secondo Luca)
Ogni tanto sento invitare al congedo della Santa Messa con un “La Messa è finita, come discepoli di Cristo andate in pace”. Ma come si fa ad andare in pace se per seguire Gesù bisogna divenire un altro e dimenticarsi di tutti i propri cari?
La risposta ce la dà Paolo: “… perché tu lo riavessi … non più però come schiavo … ma come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo, sia come fratello del Signore.” (dalla Lettera a Filemone)
In realtà, quindi, proprio nel momento in cui si decide per la sequela a Gesù, come quello schiavo, quel “altro” diviene fratello del Signore e come tale ritrova il senso della parentela in una logica di continuità con chi condivide la sua vita, dal suo inizio alla vecchiaia, alla morte. Sarà così giustificata, ogni giorno, la preghiera del salmista: “… insegnaci a contare i nostri giorni … come l’erba che germoglia, al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.” (dal Salmo 89)
Ecco sarà, perciò, la mia preghiera quotidiana, insieme ad altre, perché come scriveva San Massimo di Torino: “Agli apostoli, già maturi e anziani, Gesù dice “se non diventerete come bambini …” e li invia alla fonte stessa della loro vita, li incita a ritrovare la fanciullezza, affinché questi uomini, le cui forze stanno già declinando, rinascano all’innocenza del cuore.”
E’ bello sentirmi dire che posso, che devo essere come un bambino, proprio perché, a pensarci bene, è l’età in cui non puoi fare a meno del padre, della madre, delle persone che ti vogliono bene, l’educatore, il confessore, il fratello, la sorella con cui giocare, gli amici con cui legarsi per tutta la vita. E in tutti, ecco, mentre ritorno alla mia infanzia, alla mia fanciullezza, ritrovo sempre proprio Gesù, che mi è padre, madre, fratello, sorella, amico. E, aggiungo, per gli sposati, marito, moglie, figli.
E’ così, quando ci si decide e ci si sforza di essere discepoli di Gesù, ed è per sempre, soprattutto dopo la morte.
digiemme