Mi
è capitato spesso, nella mia non breve esistenza, di essere
invitato, pure come ospite di riguardo per un evento o altro. Ho, quindi, ben
presente come ci si sente e si vivono quei momenti in cui sei accolto con mani
tese e sorrisi a ganasce aperte, così come quando entri sentendoti come un
pesce fuor d’acqua e te ne stai in disparte, grato che nessuno si accorga della
tua presenza. Gesù, nella sua catechesi, ha ben presente queste situazioni e le
utilizza per meglio sintetizzare il criterio con cui si viene accolti in
paradiso: “…Amico, vieni più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i
commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà
esaltato.” (dal Vangelo secondo Luca)
Per
chi fosse tentato di considerarsi un buon cattolico, bisogna avere bene in
mente che quel “Amico, vieni più avanti” è da considerarsi un invito verso la
perfezione e viene rinnovato costantemente, fin dall’inizio della nostra vita,
per pura grazia. Da parte di Dio, infatti, è esplicita la volontà, nei nostri
confronti fin dall’eternità, di chiamarci alla fede e di ammetterci alla sua
amicizia. Che si estende a tutti coloro che già siedono con lui al banchetto della
vita. Occorre, però, una prima condizione, che ben viene esplicitata da San
Benedetto: “Il primo grado dell’umiltà consiste nel conservare, sempre, nello
spirito il timore di Dio ed evitare di dimenticarselo mai.”
L’impressione, oggi, è che tutti ce lo siamo dimenticato e ci comportiamo come quel tale che si presenta al banchetto sicuro di sedersi comunque al primo posto. Siamo degli illusi! Non sappiamo ascoltare: “… quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.” (dal Libro del Siracide)
Purtroppo è però, vero che i grandi, i potenti del momento nostro, non sanno e non vogliono ascoltare, si sentono in diritto di dissertare a destra e a manca su ogni cosa, fregandosene della verità e dell’impegno che hanno preso con il Buon Dio, anche quando al collo, sfrontatamente, portano una croce. Perché “il mondo moderno ostenta la porta allettante del permissivismo, ignorando la porta stretta del discernimento e della rinuncia … Il Signore attende che voi mettiate la vostra libertà nelle sue mani misericordiose.” (Giovanni Paolo II)
Soprattutto quando ascoltiamo con gratitudine la parola della Lettera agli Ebrei: “… fratelli vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente … all’assemblea dei primogeniti, i cui nomi sono scritti nei cieli.”
Proprio in forza di quell’amicizia messa a disposizione che si accompagna già con il nome, presente dall’eternità, non si può non essere grati di questo inimmaginabile dono, soprattutto quando si capisce che: “… Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora.” (dal Salmo)
Più chiaro di così! Nella Chiesa, sua santa dimora, non c’è spazio che per gli umili, per coloro che cooperano all’azione di salvezza di tutti gli uomini, soprattutto i più piccoli e i più deboli, come le vedove, tanto per intenderci, oggi, le donne che vengono lasciate perché aspettano un bambino, oppure i bambini che devono nascere, i cui genitori sono tentati dall’aborto, già orfani ancora prima di nascere. E’ qui che dall’ultimo banco siamo chiamati a venire più avanti, a servire, pure con i nostri umili mezzi, le nostre umili capacità, perché in questo banchetto si è accolti, ci si aiuta, si sta bene insieme e si deve invitare altri, perché così vuole il Signore. E le debolezze diventano forze, perché solo lì, davanti a Gesù “volli perdermi e venni conquistato” (San Giovanni della Croce)
Sir 3,17-20.28-29 / Sal 67(68) / Eb 12,18-19.22-24 / Lc 14,1-7-14
digiemme
L’impressione, oggi, è che tutti ce lo siamo dimenticato e ci comportiamo come quel tale che si presenta al banchetto sicuro di sedersi comunque al primo posto. Siamo degli illusi! Non sappiamo ascoltare: “… quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.” (dal Libro del Siracide)
Purtroppo è però, vero che i grandi, i potenti del momento nostro, non sanno e non vogliono ascoltare, si sentono in diritto di dissertare a destra e a manca su ogni cosa, fregandosene della verità e dell’impegno che hanno preso con il Buon Dio, anche quando al collo, sfrontatamente, portano una croce. Perché “il mondo moderno ostenta la porta allettante del permissivismo, ignorando la porta stretta del discernimento e della rinuncia … Il Signore attende che voi mettiate la vostra libertà nelle sue mani misericordiose.” (Giovanni Paolo II)
Soprattutto quando ascoltiamo con gratitudine la parola della Lettera agli Ebrei: “… fratelli vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente … all’assemblea dei primogeniti, i cui nomi sono scritti nei cieli.”
Proprio in forza di quell’amicizia messa a disposizione che si accompagna già con il nome, presente dall’eternità, non si può non essere grati di questo inimmaginabile dono, soprattutto quando si capisce che: “… Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora.” (dal Salmo)
Più chiaro di così! Nella Chiesa, sua santa dimora, non c’è spazio che per gli umili, per coloro che cooperano all’azione di salvezza di tutti gli uomini, soprattutto i più piccoli e i più deboli, come le vedove, tanto per intenderci, oggi, le donne che vengono lasciate perché aspettano un bambino, oppure i bambini che devono nascere, i cui genitori sono tentati dall’aborto, già orfani ancora prima di nascere. E’ qui che dall’ultimo banco siamo chiamati a venire più avanti, a servire, pure con i nostri umili mezzi, le nostre umili capacità, perché in questo banchetto si è accolti, ci si aiuta, si sta bene insieme e si deve invitare altri, perché così vuole il Signore. E le debolezze diventano forze, perché solo lì, davanti a Gesù “volli perdermi e venni conquistato” (San Giovanni della Croce)
Sir 3,17-20.28-29 / Sal 67(68) / Eb 12,18-19.22-24 / Lc 14,1-7-14
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