XVIIIa Domenica T.O. Anno C
Rembrandt: Il Ricco Stolto |
Di veglie, di guardie ne ho fatte parecchie e quelle sembrava non passassero mai, eppure anche quelle servivano per riflettere, nel silenzio della notte, sul senso della vita, su tutte le cose che si stavano realizzando, su ciò che mi aspettavo per il futuro. Tutto concorreva, tutto concorre ed invita a ripensare che: “… chi ha lavorato con sapienza, con scienza e successo, dovrà poi lasciare la sua parte ad un altro che non vi ha per nulla faticato.” (dal Libro del Qoèlet)
Il suddetto Libro cantilena sulla “vanità delle vanità: tutto è vanità” e la presenta come un gran male. Ovviamente se ciò per cui ci si adopera è in vista solo del proprio tornaconto, ma se si lavora con onestà, con scienza e coscienza, come un buon padre di famiglia, che importanza ha se ne potranno beneficiare anche altri, come i figli, i parenti, i propri confratelli, i concittadini, i bisognosi. Infatti, scrive Clemente d’Alessandria: “Chi considera la sua fortuna, il suo oro e il suo argento, le sue case come doni di Dio, testimonia a Dio la sua gratitudine aiutando i poveri con i suoi beni. Sa che possiede più per i suoi fratelli che per sé stesso; rimane il padrone delle sue ricchezze senza diventare suo schiavo.”
Certo, si sa bene che “chi più ha, più vuole” e il denaro e la ricchezza non bastano mai al punto che i mezzi per procurarseli diventano indifferenti, basta guadagnare di più, avere di più, accumulare, ma, c’è un ma: “… fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede.” (dal Vangelo secondo Luca)
La sua vita è quel batter di ciglia che ci permetterà di intravedere la vita eterna. Dove si svolgerà, inferno, purgatorio o paradiso, la propria dipenderà solo da noi.
La Parola ci ammonisce: “… fate morire, dunque, ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.” (dalla Lettera di San Polo ai Colossesi)
Se così stanno le cose, mi sa che, oggi come oggi, ben pochi avranno come vista il Paradiso. La purezza, la morale sono, ormai, ritenute superate, le passioni e i desideri sono strumenti per la realizzazione del proprio io, pertanto vanno legittimamente appagati e incentivati. L’idolatria è al massimo storico. Chi assorbe tutto questo non si accorge che accumula, che si preoccupa soltanto di ammassare sempre più e si trova appesantito da ciò che è temporale. Si dimentica che è polvere e polvere tornerà. Non a caso aumenta sempre più la volontà della riduzione in cenere del proprio corpo defunto. D’altronde come potrebbe provare il desiderio di Dio colui che al posto del cuore porta la “vanità delle vanità” e che verrà fatalmente sorpreso dalla morte in mezzo alle sue passioni? L’unica è non cessare mai di proclamare il Vangelo di Gesù, di accompagnare il nostro tempo al tempo di chi incontriamo sulla strada della vita. Il tempo è infinito, ma abbiamo il dovere di non sprecarlo per il bene nostro e per quello di chi il Signore ci manda incontro.
Qo 1,2;2,21-23 / Sal 89(90) / Col 3,1-5.9-11 / Lc 12,13-21
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