Nella
memoria personale, e pure collettiva, la domenica delle palme viene vista come
un evento festante, gioioso. Ricordo, da bambino, come mi meravigliavo nel
vedere, al mattino, circolare tanta gente con in mano i rami dell’ulivo, che
magari non andavano in chiesa tutto l’anno, ma il rametto dovevano andarlo a
prendere, tutti ben vestiti, con quel classico abito della festa. E il sole
illuminava, già caldo la facciata della chiesa, il piazzale, le vie, c’era un’aria
speciale che non lasciava emergere ciò che si era appena ascoltato, la Passione
del Signore. Eppure, quella Parola ci indica la strada da percorrere, se si
vuol essere dei buoni discepoli. Una strada accidentata, tracciata da pietre
inciampanti, fino a quella montagnola dove la vita fu donata una volta per
sempre, da un uomo: “… dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso.”
(dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi)
Lui, che si è fatto uomo, umiliandosi nella morte in croce per venire incontro a noi, ad abbracciarci, il Re mite e buono che ci spalanca l’amore del Padre. E lo fa con il titolo di Agnello, come profetizzato dall’agnello che Dio ha procurato ad Abramo per sostituire il figlio Isacco. Gesù, al posto di noi peccatori, si offre in sacrificio per ottenerci la salvezza. E soffre come ci racconta il Salmo: “… si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono la bocca, scuotono il capo.”
Lui, che si è fatto uomo, umiliandosi nella morte in croce per venire incontro a noi, ad abbracciarci, il Re mite e buono che ci spalanca l’amore del Padre. E lo fa con il titolo di Agnello, come profetizzato dall’agnello che Dio ha procurato ad Abramo per sostituire il figlio Isacco. Gesù, al posto di noi peccatori, si offre in sacrificio per ottenerci la salvezza. E soffre come ci racconta il Salmo: “… si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono la bocca, scuotono il capo.”
Sono
parole che rendono pienamente l’immagine di quei poveri cristi che da due anni
a questa parte rappresentano, quando si espongono, il non allineamento ai
precetti del nuovo mondo e della nuova religione. Ci sta, bisogna saper
accettare queste sofferenze, pure se provocati da fratelli nella fede. E’ il
tempo in cui ci stiamo mettendo poveri davanti a Dio, con le nostre
responsabilità quotidiane, feriti e indeboliti. Però non dobbiamo lasciare che
la pianta dell’odio cresca nel cuore. Essa mette radici, germoglia e fa
spuntare frutti che sono armi per annientare l’altro. Come sta avvenendo. Tutto
si annebbia davanti agli occhi. Si capisce che:“… per questo rendo la mia
faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.” (dal Libro del
profeta Isaia)
Una faccia che resiste contro il male, soprattutto quando chi dovrebbe parlare a nostro favore, o avere compassione di quanti sono rimasti senza lavoro per legge addirittura si ergono al rimprovero, ecco:“… io vi dico se questi taceranno, grideranno le pietre.” (dal Vangelo secondo Luca)
Mi viene in mente il Vangelo di domenica scorsa: le pietre iniziarono ad urlare nel momento stesso in cui furono lasciate a terra anziché essere lanciate contro l’adultera. In quelle urla c’è tutta la delusione per le amicizie che si sciolgono, per l’indifferenza nei confronti del male che ci viene riversato addosso con i nuovi mezzi di informazione, per l’assuefazione ai vizi e alle brutture che si vogliono introdurre nell’educazione. Ma che mondo si sta costruendo? Peggio di quei tempi della Passione di Gesù, che alle donne piangenti disse:“… ecco, verranno giorni nei quali si dirà beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato.” (dal Vangelo secondo Luca)
E’ tremenda questa profezia, che rimanda alla distruzione di Gerusalemme, alcuni anni più avanti. Quanto più vera è, però, ora di fronte alla potenziale distruzione del genere umano, anche solo per errore, innestato da questo scontro con la Russia. Come pure dal disprezzo verso la vita del nascituro che grida vendetta al cospetto di Dio. Siamo in pochi, ormai, a gridare per questa guerra che si consuma nel ventre della donna. Le pietre, solo le pietre, quelle del Calvario, squarciano il velo del tempio ed accolgono, nel biancore del sepolcro, colui che sa trasformare le pietre stesse in quella roccia dove ha costruito la sua Chiesa e su cui ancorare la famiglia umana.
Lc 19,28-40 / Is 50,4-7 / Sal 21(22) / Fil 2,6-11 / Lc 22,14—23,56
digiemme
Una faccia che resiste contro il male, soprattutto quando chi dovrebbe parlare a nostro favore, o avere compassione di quanti sono rimasti senza lavoro per legge addirittura si ergono al rimprovero, ecco:“… io vi dico se questi taceranno, grideranno le pietre.” (dal Vangelo secondo Luca)
Mi viene in mente il Vangelo di domenica scorsa: le pietre iniziarono ad urlare nel momento stesso in cui furono lasciate a terra anziché essere lanciate contro l’adultera. In quelle urla c’è tutta la delusione per le amicizie che si sciolgono, per l’indifferenza nei confronti del male che ci viene riversato addosso con i nuovi mezzi di informazione, per l’assuefazione ai vizi e alle brutture che si vogliono introdurre nell’educazione. Ma che mondo si sta costruendo? Peggio di quei tempi della Passione di Gesù, che alle donne piangenti disse:“… ecco, verranno giorni nei quali si dirà beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato.” (dal Vangelo secondo Luca)
E’ tremenda questa profezia, che rimanda alla distruzione di Gerusalemme, alcuni anni più avanti. Quanto più vera è, però, ora di fronte alla potenziale distruzione del genere umano, anche solo per errore, innestato da questo scontro con la Russia. Come pure dal disprezzo verso la vita del nascituro che grida vendetta al cospetto di Dio. Siamo in pochi, ormai, a gridare per questa guerra che si consuma nel ventre della donna. Le pietre, solo le pietre, quelle del Calvario, squarciano il velo del tempio ed accolgono, nel biancore del sepolcro, colui che sa trasformare le pietre stesse in quella roccia dove ha costruito la sua Chiesa e su cui ancorare la famiglia umana.
Lc 19,28-40 / Is 50,4-7 / Sal 21(22) / Fil 2,6-11 / Lc 22,14—23,56
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