Quarta Domenica T.O. (Anno C)
Domenica
prossima, 6 febbraio, come si dovrebbe sapere, urbi et orbi, in Italia si
celebrerà la “Giornata per la Vita”, indetta dai Vescovi italiani, per
ricordarci che la vita va rispettata sempre, soprattutto quando è più indifesa,
come quando si trova nel grembo di una madre. Questo principio non è campato in
aria, perché un essere umano, lo dice la scienza, esiste fin dalla prima sua
cellula in un modo unico ed irripetibile. Per i credenti, lo dice innanzitutto
il Buon Dio: “… prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto, prima
che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle
nazioni.” (dal Libro del profeta Geremia) Più
chiaro di così! Questa è la bellezza della vita. Ciascuno di noi era già
conosciuto, nel momento stesso del nostro big bang e non ci ha più abbandonati.
Sì, è vero, altri meno “fortunati” di noi hanno perso la vita già nel grembo
materno, ma questo è lo scotto che viene pagato alla libertà concessa all’uomo
nella scelta fra il bene e il male. In una società, d’altronde, dove “se Dio
non esiste, tutto è lecito” (Dostojeski) riesce difficile capire la sacralità
della vita e la sua intrinseca bellezza, fin dal suo istante del concepimento.
Lo stesso Dostojeski diceva che l’umanità può vivere senza la scienza, persino
senza il pane, ma non può vivere senza il bello. Perché la bellezza è la porta
della verità; ti stimola, ti sprona, ti costringe a fare il bene. Per questo ci
dobbiamo affidare, sempre, al buon Dio per capire questo mistero: “… su di te
mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.”
(dal Salmo)
Noi sentiamo nel profondo del nostro essere che non siamo come delle girandole in balia del vento, che abbiamo una base su cui poggiamo i nostri piedi perché ovunque, il cielo è il tetto del mondo, ma qui la terra è il suolo del cielo. In questo nostro cielo, in questa nostra terra si nasconde Dio, dietro la natura, dietro il grande silenzio della creazione, dietro la religione, anche quelle non vere. Soprattutto si nasconde nelle grandi sofferenze, dietro la tragedia degli innocenti. Sembra che non intervenga, che non reagisca, che non venga fuori. Ma, è Gesù Cristo!? Ce ne siamo già dimenticati? Il suo sacrificio, il suo amore, il suo messaggio, il suo testimone che ci ha lasciato come ci ricorda San Paolo: “… la carità non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” (dalla prima Lettera ai Corinti)
Per questo ha deciso di non mostrarsi più, perché potessimo renderci responsabili della nostra libertà, del nostro dominio sulla creazione e su tutte le nostre azioni. Non abbiamo bisogno di un gendarme, di un dittatore, è indispensabile essere liberi quando si agisce: amare o no, decidere in favore dell’amore o dell’odio. La storia dell’uomo ci racconta che troppe volte l’odio, alimentato dal principe del male, sembra averla vinta, spesso, anche oggi, ci comportiamo come i compaesani di Gesù: “… all’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte.” ( dal Vangelo secondo Luca)
Ancora oggi, prendiamo Gesù e cerchiamo di gettarlo fuori dalla Chiesa perché come scriveva Sant’Agostino: “quanti lupi ci sono dentro la Chiesa e quante pecore fuori di essa!” Come a dire che nulla è cambiato. Il Buon Dio ha bisogno di restare ancora nascosto, essenzialmente, perché non smette di credere nell’uomo, sua creatura su cui riversa il suo amore senza nulla pretendere, se non che possa a sua volta farsi specchio verso il prossimo. Perché Lui si nasconde proprio dietro la nostra vita, sta a noi saperlo rivelare.
Noi sentiamo nel profondo del nostro essere che non siamo come delle girandole in balia del vento, che abbiamo una base su cui poggiamo i nostri piedi perché ovunque, il cielo è il tetto del mondo, ma qui la terra è il suolo del cielo. In questo nostro cielo, in questa nostra terra si nasconde Dio, dietro la natura, dietro il grande silenzio della creazione, dietro la religione, anche quelle non vere. Soprattutto si nasconde nelle grandi sofferenze, dietro la tragedia degli innocenti. Sembra che non intervenga, che non reagisca, che non venga fuori. Ma, è Gesù Cristo!? Ce ne siamo già dimenticati? Il suo sacrificio, il suo amore, il suo messaggio, il suo testimone che ci ha lasciato come ci ricorda San Paolo: “… la carità non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” (dalla prima Lettera ai Corinti)
Per questo ha deciso di non mostrarsi più, perché potessimo renderci responsabili della nostra libertà, del nostro dominio sulla creazione e su tutte le nostre azioni. Non abbiamo bisogno di un gendarme, di un dittatore, è indispensabile essere liberi quando si agisce: amare o no, decidere in favore dell’amore o dell’odio. La storia dell’uomo ci racconta che troppe volte l’odio, alimentato dal principe del male, sembra averla vinta, spesso, anche oggi, ci comportiamo come i compaesani di Gesù: “… all’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte.” ( dal Vangelo secondo Luca)
Ancora oggi, prendiamo Gesù e cerchiamo di gettarlo fuori dalla Chiesa perché come scriveva Sant’Agostino: “quanti lupi ci sono dentro la Chiesa e quante pecore fuori di essa!” Come a dire che nulla è cambiato. Il Buon Dio ha bisogno di restare ancora nascosto, essenzialmente, perché non smette di credere nell’uomo, sua creatura su cui riversa il suo amore senza nulla pretendere, se non che possa a sua volta farsi specchio verso il prossimo. Perché Lui si nasconde proprio dietro la nostra vita, sta a noi saperlo rivelare.
Ger 1,4-5.17-19 / Sal 70(71) / 1Cor
12,31- 13,13 / Lc 4,21-30
digiemme