LA FORZA DELLA GIOIA

 Terza Domenica T.O. (Anno C)

oggi
oggi si è compiuta la Scrittura che voi avete ascoltato
      

Alla fine della Messa c’è il saluto del sacerdote o del diacono, se presente, che dice: “la Messa è finita, andate in pace”. Il più delle volte, recentemente, mi capita, però, di sentire: “testimoniate il Cristo con la gioia della vostra vita”. E’ un bel saluto, non lo nego, ma mi lascia un po’ perplesso. Come si fa, infatti, ad essere pieni di gioia in “questo mondo di ladri”, come cantava qualcuno, senza rischio di essere sconfessati?
Un altro, un certo Pierre Griolet scriveva: “… con la croce la gioia entra in questo mondo, cambia la mia pena in gioia.” E’ dura da digerire un’affermazione di questo genere, eppure trae ispirazione, sicuramente, dalla Parola: “… questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate perché la gioia del Signore è la vostra forza.” (dal Libro di Neemia)
Cioè, se viviamo i nostri giorni al cospetto del Signore, in noi viene riversato, senza nemmeno accorgercene, uno stato di felicità anche se stiamo nell’indigenza o nella malattia.
In effetti, se vado con la memoria alle mie domeniche dell’infanzia, quando non si parlava di fine-settimana, di distrazioni, ma di rispetto, innanzitutto, del giorno del Signore, ricordo come quel giorno appagava il mio stato. Bastava poco per essere felice, le 50 lire per il ghiacciolo e il sacchetto di patatine, la corsa in sacrestia per accaparrarsi la cotta da chierichetto migliore, la partita di calcio all’oratorio e poi la tv dei ragazzi, il cinema al pomeriggio o, ancora meglio, con papà e mamma alla sera. Ha ragione, allora, Neemia, bastava, e basterebbe, essere rispettosi dei tempi del Signore perché:“… i precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi.” (dal Salmo)
Quanto è vero questo salmo. Mi guardo intorno, infatti, e non vedo più occhi illuminati. Mi viene in mente quel detto popolare: “gli occhi sono lo specchio dell’anima” e devo dire che mi sembra più che vero. Quanta gente che cammina, che si agita, che non sa più da che parte andare, come degli zombi. Stiamo in sofferenza, perché ciascuno sembra aver perso il significato del ruolo che ha in questa vita, nei confronti di sé stessi, ma pure di coloro che sono coinvolti nello stesso tessuto esistenziale: “… quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme.” (dalla prima Lettera di San Paolo ai Corinti)
Perché facciamo parte di un solo corpo, dove ciascuno ha la sua funzione. Se qualcuno comincia a fregarsene, sono, quindi, guai grossi. Cessa l’armonia, la solidarietà, la condivisione e ognuno va per conto suo, come meglio gli aggrada. Occorrerebbe un novello San Francesco con i suoi “strumenti della tua pace”, quando rivolgendosi al Signore, pregava: “… aiutaci Signore, dove c’è la tristezza a portare la gioia …”.
Già, sembra facile a dirsi, ma come puoi trasformare una condizione di depressione per quanto succede intorno a noi, con i soli mezzi della tua empatia, della tua generosità? Occorre qualcos’altro, occorre dare fiducia alla Parola che è presenza viva, basta saperla ascoltare e vederla su quell’ambone quando dice:“… oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato.” (dal Vangelo secondo Luca)
I suoi compaesani, quando ascoltarono Gesù, rimasero sbalorditi ed increduli, ma in molti cominciò a sciogliersi la cortina che copriva la loro vita e, devo dire, anche in me sale alle  labbra questa preghiera: “passi il tuo soffio, Signore, sui nostri volti rattristati per farvi riapparire il sorriso, sulle nostre mani stanche per rianimarle e rimetterle gioiosamente all’opera.” (P. Maior)
E’ questo il modo per sperare di testimoniare il Cristo, che con la forza della sua gioia, Lui sì, illuminerà i giorni a venire.
Ne 8,2-4°.5-6.8-10 / Sal 18(19) / 1Cor 12,12-30 / Lc 1,1-4;4,14-21
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