LE SEI ANFORE

2a Domenica T.O. Anno C

Nell’immaginario che ogni tanto mi ricostruisco nel leggere situazioni ed ambienti, persone e luoghi, cerco di tracciare quei momenti speciali in cui avvengono i fatti. Nel caso del matrimonio celebrato a Cana di Galilea la mia attenzione è sollecitata dalle sei anfore di pietra per la purificazione rituale e per la riserva d’acqua di ogni casa. Sono vuote, ed è strano, tanto più che c’era in corso un rinfresco, con un buon numero di invitati. Ma quanto vino avrebbero potuto bere, se ogni anfora poteva contenere dagli ottanta ai centoventi litri? Eppure Gesù le fece riempire d’acqua, e fino all’orlo. I servitori, pronti come si conviene a dei buoni camerieri, si attennero a quanto veniva loro ordinato: “… sua madre disse ai servitori: “qualsiasi cosa vi dirà, fatela.” … e Gesù disse loro …” (dal Vangelo secondo Giovanni)Cosa avvenne ben lo conosciamo, la trasformazione dell’acqua in vino è uno dei  miracoli più conosciuti, anche perché è la prima manifestazione pubblica dell’annuncio della Buona Novella. Che avviene nella gioia, nella festa, nella cordialità, nelle promesse d’amore di una nuova famiglia: “… come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.” (dal Libro del profeta Isaia)
E Dio era lì, a Cana di Galilea, a gioire con quegli sposi, come lo è in tutti quei matrimoni che si celebrano nel sacramento che lui stesso, in Gesù Cristo, ha istituito fin dal principio. Perché maschio e femmina Dio li creò, a sua immagine e somiglianza affinché fossero degni di partecipare alla sua creazione. Da cui scaturisce il dono meraviglioso della procreazione. Guai a rompere questo sottile filo di congiungimento fra Dio e la sua creatura che tanto ama, pena l’allontanamento dal piano di salvezza preparato per ciascuno di noi e per l’umanità intera.
Quelle sei anfore ci ricordano che il criterio del dono è l’abbondanza, non c’è limite all’amore, non si specula, non si lesina, non si va al risparmio, come avviene oggi, in società, come in famiglia, nelle unioni sponsali, come in quelli personali. Dobbiamo cambiare registro: “… in mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.” (dal Salmo)
Quel matrimonio, quella presenza di Maria, quelle anfore, quell’acqua trasformata in vino sono una meraviglia che dovrebbe riempirci il cuore di entusiasmo, solo se, come recita un pensiero di P. Maior, sapremo pregare così: “Padre, saremo credibili non annunciando il Cristo, ma vivendolo; non predicando il suo Vangelo, ma praticandolo; non presentando l’amore di Cristo, ma realizzandolo.”
E, visto che il numero simbolico per eccellenza è il sette, e le anfore, invece, erano sei, non è che, magari, la settima anfora dovrei essere io, dovresti essere tu?
“… ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.” (dalla prima Lettera di San Paolo ai Corinti)
I doni elencati nella Lettera sono diversi, importanti per la crescita ed il bene della Chiesa, sarebbe buona cosa non andare a battere cassa, ma fare come quei servitori pronti ad obbedire. Per loro fu un dono speciale. Si può dire, obbedirono perché servitori, quindi quale encomio, è nella loro condizione fare quello che dicono loro, eppure: “… colui che dirigeva il banchetto non sapeva da dove venisse quel vino, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua …” (dal Vangelo)
Perché quei servitori furono subito resi partecipi, con il loro lavoro, delle meraviglie di quel miracolo. E ripresero a servire con gioia.
Is 62,1-5 / Sal 95(96) / 1Cor 12,4-11 / Gv 2,1-11
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