Santissima Trinità (Anno A)
Santissima Trinità |
Ecco, siamo alla festa del Mistero
Trinitario, quello per cui molte altre professioni religiose ci fanno sopra un
sorrisetto, snobbando la Tradizione vivente della Chiesa. Che ci dice cose
divine con parole umane. Dio è Unico, e però, ammettiamolo, sappiamo soltanto
qualcosa su Dio, ma nello stesso tempo è quel qualcosa di vero perché ci viene
dalla Rivelazione. Diciamo che Dio è Padre, ma il suo amore ha anche le
tenerezze e le premure di una madre, di uno sposo, di un amico. Ecco perché
quell’Amore s’incarna nel Figlio. Questi è l’espressione diretta dell’Amore del
Padre che salva l’uomo dalla perdizione, dal nulla. Tutta l’azione salvifica
del Figlio viene portata nella vita di ciascuno di noi dallo Spirito Santo che
attesta così come tutti possiamo divenire figli di Dio:
“…Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare
il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto.” (dal
Vangelo di Giovanni)
Con questo non è che si è capito tutto della
Trinità, ma quanto meno si capisce perché il segno della croce ci è tanto
famigliare, pur se a volte sembra quasi ce ne vergognamo.
D’altronde, la vita è
un continuo rimandi: la salvezza ci viene proposta con il Battesimo e i
Sacramenti della Confermazione, dopo i quali, puntualmente, si viene attirati
da altri canti di sirene, poi, forse, si ritorna per il Matrimonio, ma subito
ci si dimentica degli impegni assunti e si ritorna ai propri comodi:
“…sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona
la nostra colpa e il nostro peccato.” (dal Libro dell’Esodo)
Se pensiamo ai duemila e passa anni di
cristianesimo è proprio vero che la dura cervice la si riscontra in ogni
generazione, senza discontinuità, da padri in figli. Eppure c’è chi non si stanca
d’insegnarci a pregare:
“…benedetto sei tu Signore, Dio dei padri
nostri.” (dal Profeta Daniele)
Ecco, ritorniamo, quanto meno, alla memoria
dei nostri padri. Per non fare gli stessi errori, per raccogliere quanto di
buono hanno seminato, per lasciarci guidare, soprattutto da un padre come San
Paolo che ci dice:
“…fratelli siate gioiosi, tendete alla
perfezione, fatevi coraggio, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il
Dio della pace e dell’Amore sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio
santo.” (dalla seconda Lettera ai Corinzi)
Proprio quello che non sta avvenendo in
questi anni di confusione. C’è poi sicuramente da farci coraggio con le
prospettive future che ci aspettano fra pandemie e svendita dell’identità di
popolo. Ammettiamolo, si fa fatica ad avere gli stessi sentimenti fra cattolici
“adulti” e cattolici meno “buonisti” e si comincia pure a guardarsi in
cagnesco, tanto più che i più responsabili militano su fronti politici opposti.
Anziché tendere ad un progetto unitario con il quale difendere la propria
visione di vita comune, sociale, economica, morale, come sarebbe logico, ci si
sfilaccia lasciando che il campo sia invaso dalla zizzania. Cosa altro c’è da
aggiungere? E ci sarebbe altro, però è meglio chiudere rileggendo attentamente
i consigli dell’Apostolo Paolo. Innanzitutto, che in giro non ci può essere un
cristiano che sia triste. Che i cristiani sono operatori di pace e su questo
non ci piove ormai da tempo. Per ultimo, che la comunione fra i cristiani, che
sono fra di loro fratelli in forza del sacrificio di Gesù Cristo e della
potenza dello Spirito Santo, si consolida nella Liturgia. E’ questo il
linguaggio che c’insegna Dio per onorarlo in modo santo, fra cui il bacio
santo, che liturgicamente e fraternamente ci dovremmo scambiare all’ingresso e
all’uscita dalla nostra Chiesa.
Es 34,4b-6.8-9 / Sal da Dn 3,52-56 / 2Cor
13,11-13 / Gv 3,16-18
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