Sesta Domenica di Pasqua (Anno A)
il Padre vi darà un altro Paràclito |
Mi piacerebbe proprio svegliarmi con in testa
il ritornello “domenica è sempre domenica, si sveglian le città con le
campane…”, purtroppo, invece, anche questa domenica sarà triste. Forse
l’ultima, perché dalla prossima si potrà ritornare in chiesa, in parrocchia e
davvero potremo sospirare con il Salmo:
…entrerò nella tua casa con olocausti, a te
scioglierò i miei voti, pronunciati dalle mie labbra, promessi dalla mia bocca
nel momento dell’angoscia.”
Nel silenzio di una preghiera, pensando
all’amato o all’amata, al fratello o alla sorella, al papà o alla mamma, alla
figlia o al figlio, là nella solitudine del reparto covid, nella paura di non
farcela, di non poter neppure stringere la mano amica, ecco, nel silenzio della
propria angoscia, quanti voti si sono alzati quali intenzioni di penitenza per
la salvezza del proprio caro. Quando si è esauditi, allora, la gioia è grande,
i ringraziamenti sono infiniti, le promesse si mantengono. Con gioia, come in
un sogno, perché ciò vuole dire avere un
futuro, un fuoco che brucia dentro il
cuore. Lasciamoci inondare di sogni, nonostante le fatiche e le brutture esistenti
in noi stessi e in questa strana umanità. In questa strana cattolicità, dove
tutto è in discussione, dove ciascuno la pensa a modo proprio, dove ci si
divide anche per il come bisognerà ritornare in chiesa, come partecipare alla
celebrazione, come ricevere la Comunione.
E se non bastano i sogni ci viene in aiuto e consolazione: “…tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangono svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.” (dalla prima Lettera di S.Pietro)
Quindi, è questo il modo di porsi nelle comunità, con dolcezza, rispetto e retta coscienza, d’altronde se si vuole essere discepoli di Cristo non si può che ascoltare la sua Parola:
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. |
E se non bastano i sogni ci viene in aiuto e consolazione: “…tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangono svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.” (dalla prima Lettera di S.Pietro)
Quindi, è questo il modo di porsi nelle comunità, con dolcezza, rispetto e retta coscienza, d’altronde se si vuole essere discepoli di Cristo non si può che ascoltare la sua Parola:
“…se mi amate, osserverete i miei
comandamenti…Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che
mi ama.” (Dal Vangelo di Giovanni) Eccome se lo amiamo, lo desideriamo perché
solo Lui è la nostra salvezza. La sua vita, la sua morte, la sua Resurrezione
sono i nostri riferimenti con cui vivere la nostra vita, prepararci alla nostra
morte, nell’attesa della sua venuta. Questa dovrebbe essere la realtà della
nostra fede, che porta, di conseguenza, all’annuncio, alla realizzazione delle
opere di carità, alla comunione dei santi. E’ così che i nostri cuori, le
nostre menti si aprono a spazi di comunicazione impensati, di rapporti
riconciliati, dove la generosità e l’altruismo sono al servizio dei più
piccoli, indifesi, fragili. Penso ai bambini nel seno delle loro madri, a
quelli abbandonati o che vivono in situazioni di famiglie disagiate, penso alle
persone anziane, sole, malate, mal sopportate da questa società che vorrebbe
mettere loro dei limiti.
E si ritorna al sogno con il quale “forzare
l’aurora” perché arrivi presto con i suoi raggi di sole e scaldi e illumini il
cammino di tutti. Allora sarà ancora più facile essere generosi, che fra
l’altro presuppone anche la capacità di esprimere gratitudine. Sembra facile,
eppure “grazie” è un termine oggi quasi obsoleto. Non così per noi che fondiamo
la nostra fede sui comandamenti di Gesù Cristo. Più gliene renderemo “grazie”,
più potremo accomunarci agli Atti degli Apostoli:
“…e vi fu una grande gioia in quella città.”
At 8,5-8.14-17 / Sal
65(66) / 1Pt 3,15-18 / Gv 14,15-21