Terza Domenica di
Pasqua (Anno A)
Riconosciuto dallo spezzare il pane |
Come ben sappiamo attorno a Gesù ci fu un
fuggi-fuggi generale dei suoi discepoli al momento dell’arresto, della passione
e della sua crocifissione. E la paura la fece da padrona anche nei tre giorni
successivi, ma già s’intravedono sensibilità diverse. Le donne, senza indugi,
si recano al mattino presto al sepolcro per onorare il corpo del loro Signore
con misture di aloe e mirra in quantità abbondante. Non temono le guardie messe
dai sacerdoti e anche se Gesù è morto e sembrano finite le speranze di ottenere
qualcosa da lui, loro comprano un’enormità di oli profumati al fine di onorarne
il corpo morto. Per inciso, notare come all’inizio del Vangelo c’è la storia
dei Magi che offrono a Gesù l’oro e alla fine le donne che portano al suo
sepolcro una quantità regale di oli profumati. Come a dire, vuoi essere
discepolo di Gesù, offri quanto hai di più prezioso, non fare come Giuda che
rimproverava Maria Maddalena per il prezioso vasetto di nardo sprecato per i
piedi di Gesù. E’ lui il Re! Poi, ci sono i due discepoli di Emmaus che,
invece, se ne vanno dalla parte opposta, frettolosi e sconsolati per le
aspettative di prestigio mancate:
“… stolti e lenti di cuore … perché siete
turbati e perché sorgono dubbi sul vostro cuore?”. (dal Vangelo di Luca)
Perché avevano paura. Anche noi l’abbiamo e
ci rintaniamo, ci allontaniamo per non esporci, per restare il più anonimi
possibile.
Possiamo giustamente avere paura di tante cose. Spesso c’è motivo di
temere per il nostro futuro, molte notizie possono creare angoscia e farci
chiedere dove andremo a finire. Sappiamo, però, che anche il male peggiore non
è più forte di Dio:
“…io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.” (dal Salmo)
Così Dio è dalla nostra parte, ha promesso di
salvarci, di darci continuamente la vita, e per l’eternità, e di conservare la
bellezza della creazione, a partire dal dono stesso di noi stessi, unici e
irripetibili. Ciascuno di noi è un’opera d’arte per Lui e le sue promesse sono
veritiere:
“…questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi
tutti ne siamo testimoni…e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo
promesso, lo ha effuso, come voi potete vedere ed udire.” (dagli Atti degli
Apostoli)
E’ questo il salto di qualità che ha spinto
gli Apostoli a non avere più paura, ad uscire dal privato, a pregare insieme
nel tempio, ora nella Chiesa, a rendere veritiera, con la testimonianza delle
opere, la salvezza per ogni anima che si converte alla sua Legge, quella
dell’amore. Un Amore così grande che ci rende figli, per il merito di Gesù
Cristo, e quindi fratelli sotto l’unica casa che è la Chiesa di Gesù:
“…e se chiamate Padre colui che, senza fare
preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore
di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri.” (dalla Prima Lettera di
Pietro)
Ecco allora che quella paura che attanagliava
e che ancora ci sovrasta può davvero trasformarsi in timore di Dio, quanto
basta per sforzarci di realizzare la nostra vita con quelle opere a lui gradite
che possono e devono fare bene al prossimo, ma con una logica di servizio
finalizzato ad un servizio più grande, quello di rendere onore a Dio come ad un
Re. I nostri passi non vacilleranno, neppure nell’ora più buia del nostro
tempo, e avremo, quindi, la possibilità di essere partecipi dei bisogni della
nostra gente, della nostra terra, delle nostre famiglie. E’ solo questo il modo
di essere stranieri in terra.
At
2,14a.22-33 / Sal 15(16) / 1Pt 1,17-21 / Lc 24,13-35
digiemme