Pasqua: Risurrezione
del Signore
C’è una pietra che incombe sulla nostra vita,
è quella che chiude il sepolcro. Coloro che la intagliarono pensavano molto
probabilmente che sarebbe stata utile per fortificare il tempio o il palazzo
del governatore ed invece venne scartata, giusto per coprire l’antro di una
tomba:
“…la pietra scartata dai costruttori è
divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia
ai nostri occhi.” (dal Salmo 117)
Un'amica mi ha raccontato di essere andata
in pellegrinaggio in Terra Santa e di aver, naturalmente, visitato la Chiesa
del Santo Sepolcro. Aveva visto il sepolcro prima dall’alto e poi dall’entrata
ed è diventato tutto chiaro: il sepolcro ha la forma di un grembo materno. Dal
buio del grembo alla luce della vita, dal buio della morte alla luce della vita
eterna. E’ così che avvenne in quel sabato santo, è così che avviene per ogni
bambino nel ventre di sua madre. Ecco è così che ci si dovrebbe porre ogni
volta che sappiamo di un concepimento, perché è la vittoria sulla morte, come
la Risurrezione di Cristo ci testimonia una volta per tutte.
Anche quando lo
sviluppo di una gravidanza porta, invece, all’aborto, all’uccisione di
quell’essere umano perché:
“…chiunque crede in Lui riceve il perdono dei
peccati per mezzo del suo nome.” (dagli Atti degli Apostoli)
E’ chiaro Pietro: riconosciamo che Gesù
Cristo è Dio, e credendo e obbedendo al suo Vangelo saremo perdonati. Potremo
così tornare a guardare alla vita, la nostra vita, quella di adesso, con una
prospettiva nuova. Una vita potente, maestosa, dall’inizio alla fine, intera ed
esclusiva. Impareremo a cogliere l’importanza delle cose semplici, gusteremo,
con gli occhi spalancati, a pieni polmoni, a cuore aperto, ogni meraviglia,
ogni buon bicchiere, ogni pezzo di pane. Per fare questo, diceva San Benedetto,
occorre tornare con l’obbedienza a Dio, dal quale la disobbedienza ci ha
allontanato. San Benedetto non poteva essere più chiaro e sintetico di così e
ciò vale non soltanto nel monastero, vale anche nelle nostre case. Allora:
“…celebriamo, dunque, la festa non con il
lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di
sincerità e di verità.” (dalla prima Lettera ai Corinzi)
Proprio in questi giorni, in molte case, si è
riscoperto il bisogno di fare il pane, ci si ingegna per preparare il lievito,
si può forse capire meglio la necessità di cambiare, di lasciare alle spalle il
male fatto, rivestendosi di tutte le cose belle che scaturiscono
dall’obbedienza alle leggi del Signore. Solo così quella pietra non ci metterà
più angoscia, non ci farà più paura, non l’abbandoneremo al suo destino, come
fecero i discepoli di Emmaus, come fecero gli apostoli nascosti e defilati.
Quella pietra diventerà la testata su cui si costruirà la Chiesa, quella pietra
rotolata travolgerà ogni epoca, ogni storia, aprirà orizzonti nuovi davanti a
tutti gli uomini:
“…allora entrò anche l’altro discepolo…vide e
credette, infatti non avevano ancora compreso, che cioè egli doveva risorgere
dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.” (dal Vangelo
secondo Giovanni)
Il risorto appare per prime alle donne, queste
vanno a chiamare gli uomini che se ne stavano diffidenti ed abbacchiati, Pietro
e Giovanni corrono, entrano e capiscono tutto, è la fede ritrovata. Increduli,
ma fiduciosi e rinfrancati. E tornano a casa, perché è da lì che ripartiranno
verso la vita nuova. E’ dalla famiglia che risorge ogni speranza, è dalla
famiglia che rinasce la comunità, è nella famiglia che la vita si dirama al
mondo intero. E’ la forza della Pasqua del Signore.
At 10,34°.37-43 / Sal 117(118) / 1Cor 5,6b-8
/ Gv 20.1-9
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