IL REGNO DELL’AMORE


Gesù Cristo Re dell’universo (Anno C)
C’era un papa re. Ricordo un film, appunto, intitolato “In nome del Papa Re”, dove si raccontavano gli ultimi anni dello Stato Pontificio. Il fine era quello di screditare tale periodo del potere temporale della Chiesa. La storia, quella vera, sta ora rendendo giustizia a quella esperienza, ma il pensiero comune di una Chiesa illegittimamente foriera di privilegi e poteri non coincidenti con il Cristianesimo è duro a morire. Tant’è, anche del Regno d’Italia, per fortuna, se ne sono perse le tracce, pur se la dittatura del politicamente corretto assume, di volta in volta, connotati ugualmente fuorvianti ed illiberali. Per la verità, come cattolici, a noi interessa, in primis, un tipo di regalità ben diversa ed in questo siamo intimamente confortati quando festeggiamo, liturgicamente, la Regalità di nostro Signore Gesù Cristo. E’, infatti, Lui che ci introduce nel suo Regno, dove non contano le logiche mondane dei principi. Questo Regno è solo quello dell’Amore, inteso come Sacrificio di sé stessi, a gloria di Dio per la salvezza di tutti gli uomini, anche dei malfattori fuori e dentro la Chiesa stessa.
Valeva anche per i due ladroni, là sul monte Calvario:
“…non hai alcun timore di Dio?...Egli invece non ha fatto nulla di male. E disse: Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.” (dal Vangelo di Luca)
Il Regno era già al suo fianco, l’aveva intuito, ma aveva bisogno del suo perdono per comprenderlo fino alla fine e lo comprese testimoniandolo al suo compagno di malefatte.
Anche noi abbiamo quella necessità, dobbiamo andare oltre l’immagine di tutti i crocifissi che nella nostra vita abbiamo avuto modo di contemplare. In qualche modo dobbiamo, come dire, anche noi salire sulla croce:
“…ecco noi siamo tue ossa e tua carne.” (dal Secondo Libro di Samuele)
Sto pensando, al riguardo, a tutti quei bambini mai nati, anch’essi ossa e carni messi in croce, così come avvenne alle ossa e carni dell’uomo della Sindone.
Sto pensando che è proprio Gesù in croce che dà loro la dignità di figli di Dio perché  là su quella croce Lui espia le colpe di tutti noi, caricandosi di tutto il dolore, anche quando avrebbe potuto lenirlo:
“…anche i soldati lo deridevano, gli si accostarono per porgergli l’aceto.” (dal Vangelo di Luca).
Gesù rifiuta l’aceto, quella forma di “pietas” verso i condannati, equivalente ad una droga, che li intontisse, così da soffrire di meno, perché vuole affrontare la croce, consapevole e fiducioso nella volontà del Padre.
Ci sia da sprone questo immenso sacrificio d’amore affinché in occasione di sofferenze, che non mancheranno, insieme con Gesù sapremo affrontarle senza cercare scorciatoie, consapevoli che:
“…fratelli ringraziate con gioia il Padre che vi ha reso capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.” (dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Colossesi)
Infine abbiamo tutte le condizioni per essere figli di un Dio che è Padre perché Lui stesso con il sacrificio del Figlio e l’assistenza dello Spirito Santo ci ha fornito tutti gli strumenti per essere nella gioia che condivideremo per l’eternità insieme ai nostri cari, ai nostri santi. Solo che noi ci complichiamo la vita con il rischio di perderci e di cercare il Re in quei regni effimeri riducendoci a degli inutili sudditi. Anche Sant’Agostino se ne era reso conto e lasciò scritto questa preghiera:
“Dammi Signore, un cuore che ti pensi, un’anima che ti ami, una mente che ti contempli, un intelletto che t’intenda, una ragione che sempre aderisca fortemente a te, dolcissimo e sapientemente, o Amore sapiente, ti ami.”
Quasi in punta di piedi, ecco il modo con cui potremo essere degni di entrare nel suo Regno, come, appunto, solo gli ultimi hanno il privilegio di sperimentare.
2Sam 5,1-3 / Sal 121(122) / Col 1,12-20 / Lc 23,35-43
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