XXVI Domenica T.O. (Anno C)
Abramo dice che fra dove si trovano lui e
Lazzaro, e dove si trova il ricco c’è un abisso insormontabile, perciò la loro
situazione è definitiva: tanto per semplificare, per gli uni il paradiso, per
l’altro l’inferno. Oggi, l’abisso è davanti ai nostri piedi, siamo ormai in
un’orgia di assoluta indipendenza da Dio: ci mancava solo il diritto a morire
con il suicidio assistito, l’anticamera della rottamazione umana, quando
qualsiasi malato sarà ritenuto un peso per la società. E’ allucinante, il
vitello d’oro della libera scelta viene offerto come una droga che intorbidisce
ogni mente e ogni cuore, ogni legge e ogni religione. E loro: “…bevono il vino in larghe coppe e si ungono
con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si
preoccupano.” (dal Libro del profeta Amos).
Pare proprio di vedere quelli che ci
governano, che parlano, parlano e di fatto perpetuano i loro interessi, il loro
potere, la loro sete di dominio. Apriamo gli occhi, ascoltiamo la Parola:
“…non confidate nei potenti, in un uomo che
non può salvare. Esala lo spirito e ritorna alla terra: in quel giorno
svaniscono tutti i suoi disegni.” (dal Salmo 145)
E’ proprio vero, anche il più forte degli
uomini alla fine verrà presto dimenticato se a prevalere saranno nuovi potenti.
E’ emblematico quello che sta accadendo, per esempio, con la figura di Giovanni
Paolo II, laddove si sta cercando di smontare tutta la
sua teologia del corpo e sulla famiglia.
“…ma tu, uomo di Dio, evita queste cose;
tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla
pazienza.” (dalla prima Lettera a Timoteo di San Paolo)
Soprattutto bisogna sempre essere attenti,
come dice San Tommaso d’Aquino: “Dammi Signore un cuore così vigile che da Te
nessun vano pensiero distragga; un cuore nobile che nessuna indegna passione
seduca; un cuore retto che nessuna mala intenzione contamini; un cuore saldo
che per la tribolazione non s’infranga; un cuore libero che a torbide correnti
non ceda.”
Attenti affinché non ci si lasci tentare di
vivere come se Dio non esistesse. Siamo in troppi a venire in chiesa, ma su
molte cose la pensiamo diversamente da quello che ci dice la Dottrina. Non
serve rispettare certe consuetudini se poi si vive come il ricco di cui ci
parla il Vangelo. Forse non siamo dei nababbi come quello, ma certamente
viviamo in una “ricchezza” che ci fa dimenticare il dono di cui siamo debitori,
quello della vita, tanto che, fondamentalmente, pensiamo che quel Dio Creatore
e Padre non sia poi nient’altro che una delle tante immagini religiose
costruite dagli uomini. E’ il grande peccato che ci soffoca, pur se ci sembra
di goderne, che ci porta sull’orlo dell’abisso, pur se pensiamo di essere
saldi:
“…figlio (il ricco) ricordati che, nella
vita, tu hai ricevuto i tuoi beni e Lazzaro (il povero) i suoi mali; ma ora in
questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più,
tra noi e voi è stato fissato un grande abisso. (dal Vangelo di Luca)
Noi non sappiamo se mai saremo ammessi al
cospetto di Dio per l’eternità, ma già in questa vita potremmo sentirci
consolati se riuscissimo a pregare così: “donaci coraggio, Signore. Il coraggio
di trovare sempre un po' di tempo per meditare e pregare. Più fede, Signore,
più luce; nel desiderio urgente di bontà e giustizia.” ( P. Maior)
Donaci Signore il coraggio di saper
affrontare i malanni della vita, di accettare le nostre piaghe come se fossero
le tue, di non lasciare che siano solo cani a leccarle, ma di trovare qualcuno
che con amore, come il tuo Amore, sappia curarle e sappia accompagnarci verso
la tua porta stretta, allontanandoci sempre più dall’abisso.
Am 6,1°.4-7 / Sal 145(146) / 1Tim 6,11-16 / Lc 16,19-31
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