XXV Domenica T.O. (Anno C)
Il profeta Amos in questo capitolo riporta la
Parola del Signore che è, invero, molto drastica: “…certo non dimenticherò
tutte le tue opere. Non trema per questo la terra…?” Ce l’ha con noi il Signore
perché non è forse vero che calpestiamo i poveri, anzi ne creiamo sempre più;
quanto allo sterminio dei più umili, dei più piccoli del paese siamo ormai ad
un livello sistematico con l’aborto di massa che fa impallidire tutti i
genocidi della storia e il grido di quei figli d’uomo è sicuramente ascoltato
dagli Angeli di Dio. E la terra trema.
Forse trema anche per terremoti e
calamità varie che sempre con più intensità si abbattono sull’abominio di
queste genti, eppure ancora non si capisce la portata di tali ammonimenti
affinché tutto questo cessi. Ogni tanto ci sono dei segnali incoraggianti, ma questa
nostra umanità sembra sempre più sull’orlo di una catastrofe. Purtroppo, è
evidente che tale catastrofe rasenti anche la nostra chiesa, perché non pochi
di coloro che dovrebbero custodirla sono ormai orientati verso altri interessi
pur di mantenere il gradimento del mondo e l’abbandono del mandato nelle
piccole, come nelle grandi cose è proprio una caratteristica di questi ultimi
cinquant’anni di chiesa:
“…Chi è fedele in cose di poco conto, è
fedele anche in cose importanti; chi è disonesto in cose di poco conto, è
disonesto anche in cose importanti.” (dal Vangelo di Luca)
Quella constatazione di Gesù, di cui tutti
noi abbiamo avuto modo nella vita di tutti i giorni di fare esperienza
diretta, è talmente evidente in religione come in politica che si capisce il
degrado attuale. Occorre prenderne atto, cominciando noi per primi ad inseguire
la coerenza con quanto professiamo. Lo Pseudo Bernardo scriveva:
“Restituisci te a te
stesso: se non puoi sempre e sovente, almeno talvolta. Domina i tuoi
sentimenti, regola i tuoi atti, rettifica il cammino: non rimanga in te nulla
che non sia sottoposto a disciplina. Poniti davanti agli occhi tutte le tue
trasgressioni.”
Forse così facendo potremo, finalmente, porci
in modo nuovo di fronte al Signore; potremo, allora, riscoprire che la
preghiera è fondamentale per ottenere quella Grazia necessaria a cambiare i
nostri cuori e San Paolo ben lo sapeva se scriveva:
“…Voglio, dunque, che in ogni luogo gli
uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche.”
(dalla Lettera a Timoteo)
Quelle “mani pure” sono il segno della
svolta: nel Padre Nostro noi ci rivolgiamo a Dio prima di tutto, appunto, con
mani pure, come insegna la Scrittura, sulle quali non scorre sangue fraterno.
L’alzare le mani è dire a Dio e a noi stessi che non abbiamo rancori, odio nel
cuore, che non abbiamo conti in sospeso. Non serve tenersi per mano perché la
Chiesa non nasce da un patto, da una solidarietà che viene dal basso, dal
nostro voler riunirci e impegnarci, bensì perché la Chiesa nasce dall’alto, è
Dio che ci convoca. Per questo dobbiamo ringraziarlo e pregarlo solo dopo aver
chiesto perdono e pure noi aver perdonato. La preghiera così praticata “attira
su di noi la misericordia di Dio, fortifica la nostra anima contro il peccato,
ci fa desiderare la penitenza e ci fa sentire e capire quanto il peccato
oltraggia il Buon Dio” (G.M. Vianney). Attenzione bene, però, il Signore
bisogna pregarlo non solo la domenica:
“…Dal sorgere del sole al suo tramonto sia
lodato il nome del Signore.” (dal Salmo) E’ la solita questione della
testimonianza, di essere, cioè, figli di Dio, di esserne talmente felici da non
poter stare un minuto senza rivolgere a Lui il nostro pensiero, la nostra
gratitudine. Le mani alzate si trasformeranno, a questo punto, in tutto il
nostro essere, corpo, anima, stato di vita, e, in questo elevarsi, tutto di noi
sarà puro e degno di riflettere l’Amore di Dio per questa povera umanità.
Am 8,4-7 / Sal 112(113) / 1Tm 2,1-8 / Lc 16,1-13
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