Domenica XV T.O. (Anno C)
Tutti i giorni, se non nella vita spicciola,
quanto meno attraverso i social, tv e giornali, abbiamo diversi momenti
in cui ci troviamo ad avere compassione di qualcuno o per qualcosa, che ha
attirato la nostra attenzione e sensibilità. Lottiamo per non lasciarci
prendere dall’angoscia: come non averla nel leggere di quanto hanno fatto al
povero Vincent Lambert; come non provare compassione per quei due poveri
genitori che si sono visti uccidere il figlio di 11 anni sulla porta di casa da
un demente in macchina sotto l’effetto di alcol e droga; come non
scandalizzarsi per quanto di sta scoprendo in quel di Bibbiano quando
scombinano famiglie e strappano figli ai genitori. Eppure c’è anche l’altra
faccia della medaglia: passare oltre nel varcare le porte di una chiesa o di un
supermercato quando vedi i professionisti della questua; essere chiuso alla
domanda di soldi da parte di chi sai che li utilizzerà per farsi; scoprire che anche
l’accoglienza non può essere indiscriminata, ma quando rischia di stravolgere una
comunità, uno stato, deve essere controllata e gestita.
Ecco, in questa breve e concisa analisi della
nostra vita di ogni giorno, possiamo, forse, ben identificarci in tutte e tre
le persone che passarono accanto al poveraccio pestato dai briganti. A questo
punto la domanda sul chi è il mio prossimo, come emerge dal racconto
evangelico, viene capovolta nel come io, noi, siamo prossimi verso le persone
che incontriamo sulla nostra strada.
“Il buon samaritano aveva un cuore
terribilmente sensibile e ha fatto la domanda giusta quando ha visto l’uomo
picchiato a sangue. Si è detto, che cosa succederà a lui se non mi fermo?
Invece il prete e il levita si sono fatti la domanda sbagliata, che cosa
succederà a me se mi fermo?” (J. Vanier)
E’ un punto di vista interessante, che
potrebbe innalzare la riflessione e anche la discussione su alti toni, ma
dovremmo trovare una base comune, visto che siamo credenti, e la si può trovare
su tutte le Letture di oggi:
“… questo comando che oggi ti ordino non è
troppo alto per te, né troppo lontano da te …” (dal Libro del Deuteronomio)
La legge morale è dentro di noi, la
rivelazione la conferma, perciò da Dio non ci viene chiesto di andare in capo
al mondo, di trasformarci in super eroi, ma di vivere secondo il suo esempio.
Cercando, con la grazia, di vincere le tentazioni del menefreghismo o,
viceversa, dell’onnipotenza:
“… anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere.” (dal Salmo)
Il deserto che si sta estendendo nella vita
sociale, culturale, economica e politica è il risultato di quell’orgoglio che
vuole espropriare Dio stesso dal cuore degli uomini. Quando si ritiene di
essere padroni della vita e della morte, come nell’imporre la “bontà”
dell’aborto e dell’eutanasia, allora Cristo non resterà che un mito, una
persona importante, per la storia, ma niente di più. Invece San Paolo: “… Egli
è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono … primogenito di quelli che
risorgono dai morti perché sia lui ad avere il primato in tutte le cose.”
(dalla Lettera ai Colossesi)
Stolti che siamo, quel Buon Samaritano altro
non è che Gesù Cristo, che è prossimo per noi perché ha
compassione delle nostre ferite, dei nostri rifiuti, dei nostri sfinimenti e ci
prende sulle spalle. Ci ha lasciato e ci lascia allo Spirito Santo, ci lascia
in buone mani, lo paga profumatamente con il suo Corpo e il suo Sangue affinché
solo queste possano essere vere medicine per guarire. E se non bastasse
aggiunge “… abbi cura di lui, ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio
ritorno” (dal Vangelo di Luca)
Sta a dire al dottore della legge, a me, a
noi, fate così, che al mio ritorno, certo che tornerò, io primogenito di tutti
i risorti, salderò il mio debito con il premio della vita eterna.
Dt
30,10-14 / Sal 18(19) / Col 1,15-20 / Lc 10,25-37
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