9 febbraio 2019

A MENO CHE


Quinta Domenica T.O.(Anno C)
Gli sposi si giurano fedeltà e amore per sempre, a meno che…non si può mai sapere. Per carità la vita va sempre accolta, io sono contro l’aborto, a meno che…se fosse down o altro, non si sa mai.
Per credere si può anche dire qualche preghiera ogni tanto, si può anche andare qualche volta in chiesa, a meno che…:
“…vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano.” (dalla Prima Lettera ai Corinti)
Viene il dubbio al tramonto della vita, nell’osservare alcuni segni dei tempi, per quanto riguarda proprio la Chiesa Cattolica, che lo sconforto di San Paolo trovi conferma anche per molti di noi: “A meno che non abbiate creduto invano”.

La proliferazione di sette, di confessioni pseudo-cristiane, di gruppuscoli e di religioni estranee al cristianesimo sembra dimostrarlo. L’esperienza personale mi porta a fare mio questo breve passo del profeta Isaia: “Ohimè! Io sono perduto perché un uomo dalle labbra impure io sono…eppure i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti.”
Quante ore trascorse davanti al tabernacolo, quante volte abbiamo visto il sacerdote innalzare l’Ostia Santa, il Re dei Re, il Signore delle moltitudini, eppure non siano ancora pienamente degni della Grazia che ci viene offerta per la nostra salvezza. Andiamo avanti, giorno dopo giorno, come in uno stato di timore per quello cui potremmo andare incontro se solo dovessimo testimoniare con coerenza quanto ci chiede il Buon Dio. Come se non conoscessimo quanto garantisce il Salmo: “…se cammino in mezzo al pericolo, Tu mi ridoni vita; contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano e la tua destra mi salva.”
I pescatori di Cafarnao probabilmente conoscevano bene quel Salmo, se non hanno avuto alcun tentennamento nel seguire prontamente Gesù:
“…non temere: d’ora in poi sarai pescatore di uomini. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”
Quest’instantaneità di gesti sta ad indicare come non ci siano dubbi, non ci sono “a meno che”. Anche loro avevano lavoro, famiglia, impegni sociali; pure loro avevano preoccupazioni, dubbi, lacrime da versare, rabbia da smaltire, dolori da subire. Ciò nonostante si sono fidati, l’amore li ha travolti, l’amore per quel Dio di cui parlavano in sinagoga, per cui s’impegnavano nella decima, per cui rispettavano i comandamenti e tutte le prescrizioni della legge. Non sapevano come, ma quella promessa di essere pescatori di uomini li ha entusiasmati e si sono messi alla sua sequela, fiduciosi e speranzosi di poter contribuire a rendere il mondo migliore e per garantirsi un posto in paradiso. Forse la prima speranza non hanno potuto vederla compiuta, ma sicuramente la seconda l’hanno ottenuta con il martirio e con la fedeltà alla sua Parola. Il mondo migliore è ancora da realizzarsi e vediamo come sia tragicamente vero che camminiamo in mezzo al pericolo fisico, ma soprattutto spirituale. Stiamo rischiando di perdere i riferimenti, nella Chiesa quasi più nessuno si preoccupa di tornare ad essere pescatore di uomini, che poi che cosa vuol dire se non tirarli fuori dall’indifferentismo di un’acqua che va, per portarli all’essenziale della vita: Gesù Cristo. Se non si vuole più fare questo, non chiamiamoci più cristiani, quello che vogliamo, buonisti, pacifisti, umanisti, ma non più cristiani. Se questo è il pericolo in cui siamo immersi, e lo è, sappiamo che solo Lui può ridonarci il dono della vita, il gusto della vita, a meno che…
Is 6.1-2°.3-8 / Sal 137(138) / 1Cor 15,1-11 / Lc 5, 1-11



digiemme