Quinta Domenica T.O.(Anno C)
Gli sposi si giurano fedeltà e amore per
sempre, a meno che…non si può mai sapere. Per carità la vita va sempre accolta,
io sono contro l’aborto, a meno che…se fosse down o altro, non si sa mai.
Per credere si può anche dire qualche
preghiera ogni tanto, si può anche andare qualche volta in chiesa, a meno che…:
“…vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che
vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale
siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate
creduto invano.” (dalla Prima Lettera ai Corinti)
Viene il dubbio al tramonto della vita,
nell’osservare alcuni segni dei tempi, per quanto riguarda proprio la Chiesa
Cattolica, che lo sconforto di San Paolo trovi conferma anche per molti di noi:
“A meno che non abbiate creduto invano”.
La proliferazione di sette, di confessioni
pseudo-cristiane, di gruppuscoli e di religioni estranee al cristianesimo
sembra dimostrarlo. L’esperienza personale mi porta a fare mio questo breve
passo del profeta Isaia: “Ohimè! Io sono perduto perché un uomo dalle labbra
impure io sono…eppure i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli
eserciti.”
Quante ore trascorse davanti al tabernacolo,
quante volte abbiamo visto il sacerdote innalzare l’Ostia Santa, il Re dei Re,
il Signore delle moltitudini, eppure non siano ancora pienamente degni della
Grazia che ci viene offerta per la nostra salvezza. Andiamo avanti, giorno dopo
giorno, come in uno stato di timore per quello cui potremmo andare incontro se
solo dovessimo testimoniare con coerenza quanto ci chiede il Buon Dio. Come se
non conoscessimo quanto garantisce il Salmo: “…se cammino in mezzo al pericolo,
Tu mi ridoni vita; contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano e la
tua destra mi salva.”
I pescatori di Cafarnao probabilmente
conoscevano bene quel Salmo, se non hanno avuto alcun tentennamento nel seguire
prontamente Gesù:
“…non temere: d’ora in poi sarai pescatore di
uomini. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”
Quest’instantaneità di gesti sta ad indicare
come non ci siano dubbi, non ci sono “a meno che”. Anche loro avevano lavoro, famiglia, impegni sociali; pure loro avevano
preoccupazioni, dubbi, lacrime da versare, rabbia da smaltire, dolori da
subire. Ciò nonostante si sono fidati, l’amore li ha travolti, l’amore per quel
Dio di cui parlavano in sinagoga, per cui s’impegnavano nella decima, per cui
rispettavano i comandamenti e tutte le prescrizioni della legge. Non sapevano
come, ma quella promessa di essere pescatori di uomini li ha entusiasmati e si
sono messi alla sua sequela, fiduciosi e speranzosi di poter contribuire a
rendere il mondo migliore e per garantirsi un posto in paradiso. Forse la prima
speranza non hanno potuto vederla compiuta, ma sicuramente la seconda l’hanno
ottenuta con il martirio e con la fedeltà alla sua Parola. Il mondo migliore è
ancora da realizzarsi e vediamo come sia tragicamente vero che camminiamo in
mezzo al pericolo fisico, ma soprattutto spirituale. Stiamo rischiando di
perdere i riferimenti, nella Chiesa quasi più nessuno si preoccupa di tornare
ad essere pescatore di uomini, che poi che cosa vuol dire se non tirarli fuori
dall’indifferentismo di un’acqua che va, per portarli all’essenziale della
vita: Gesù Cristo. Se non si vuole più fare questo, non chiamiamoci più
cristiani, quello che vogliamo, buonisti, pacifisti, umanisti, ma non più
cristiani. Se questo è il pericolo in cui siamo immersi, e lo è, sappiamo che
solo Lui può ridonarci il dono della vita, il gusto della vita, a meno che…
Is 6.1-2°.3-8 / Sal 137(138) / 1Cor 15,1-11 / Lc 5, 1-11
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