Terza Domenica di Avvento (Anno C)
Quando
ho letto nel Vangelo che la paglia brucerà con un fuoco inestinguibile, mi è
venuto in mente che la paglia viene sì bruciata dopo la trebbiatura, ma può
anche essere utilizzata per altri fini. Pensavo, però, in particolare, al
presepe dove, di solito, nella mangiatoia all’interno della grotta, mettiamo un
poco di paglia che aiuta a tenere il caldo e a far stare bene il bambinello.
Mi
piace immaginare Giuseppe che, disteso seppur un po' esausto dopo le
apprensioni del parto di Maria, sia corso al covone a prenderne a bracciate e
timidamente distenderla nella “culla”.
Sorrido
al pensiero e rileggo il Salmo suggerito dal Profeta Isaia: “…ecco,
Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio
canto è il Signore.”
Si
parla tanto, con riferimento a Gesù e alla sua venuta, di salvezza. Per chi
vive come se tutto fosse confinato nell’arco degli anni che si dipanano, questa
parola, la salvezza, non ha senso, non dice niente. Per chi, invece, crede che
la propria esistenza abbia un senso, se inserita in un piano escatologico,
allora, coscienti dei propri limiti che legano e imprigionano, ecco che la
salvezza viene incarnata, giustamente, da un Salvatore, che è Cristo nostro
Signore:
“…non
temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio, in mezzo a
te è un salvatore potente.” (dal Libro del Profeta Sofonia)
E’
tanto vero, che siamo spesso tentati di lasciare cadere le braccia perché non
vediamo, nel subito, dei risultati positivi dal nostro operare, dal nostro
stile di vita. A guardarci seriamente intorno, in effetti, le cose non vanno
per niente bene, anzi vanno di male in peggio. Su tutti i piani. Che fare?
Madre
Teresa di Calcutta, fra le tante esortazioni che ci ha lasciato, soleva dire
che se non vieni capito nel fare il bene, non importa, continua a farlo e
aggiungeva: fallo nella gioia. Come non ricordare il suo sorriso fra le rughe
del suo volto, comunque splendente come avrebbe voluto San Paolo:
“…siate
sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia
nota a tutti. Il Signore è vicino.” (dalla Lettera ai Filippesi)
Ecco,
il Signore è vicino. Nel presepe ancora non c’è il bambinello, ma già lo
sentiamo presente, siamo un tantino come quei magi che già si erano messi in
strada, siamo come una comunità che si sente tale perché ha un unico desiderio:
“…poiché
il popolo era in attesa…Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo in
acqua, ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i
lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano
la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma
brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile.” (dal Vangelo di Luca)
In
questa attesa non sempre siamo consapevoli del nostro Battesimo, ci
dimentichiamo addirittura dello Spirito Santo che è disceso su di noi quando i
nostri genitori ci hanno portato al battistero e il fuoco che ci dovrebbe
bruciare l’anima nell’annuncio della fede in Dio è quasi del tutto spento.
L’ignavia e il tradimento infangano l’aia del sacro suolo, dove dovremmo sempre
ricordarci di slacciarci i sandali, ma la sua pala non è semplicemente un
simbolo. Sicuro, la userà come ha usato il frustino nel tempio. Perché questo è
il tempo in cui il frumento, dopo un raccolto scarso, danneggiato dai bivacchi
accesi per alimentare il fumo di satana, è ormai nel granaio della tradizione,
della devozione, della difesa della fede, della missione e della testimonianza
nel martirio. Per il resto non rimane, purtroppo, che il fuoco inestinguibile.
Occorre, allora, salvare qualche covone di quella paglia per portarla alla
mangiatoia, alla “culla” del nostro bambinello. Anche quest’anno, ne sono
certo, ci aspetta non con le braccia cadenti, ma a braccia aperte.
Sof
3,14-17 / Sal da Is 12,2-6 / Fil 4,4-7 / Lc 3.10-18
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