XVI Domenica T.O. (Anno B)
Quando
ci rechiamo alla Santa Messa domenicale sappiamo di presentarci al cospetto del
Signore che ci accoglie nella sua Casa e: “…davanti a me tu prepari una mensa,
sotto gli occhi dei miei nemici…”(dal Salmo).
Abbiamo
nemici? Purtroppo è proprio così. Siamo sotto una morsa di chi non ci vuole
bene. I cristiani sono coloro che a causa della fede sono i più perseguitati
nel mondo. Il guaio è che spesso e volentieri a non volerci bene sono pure
quelli che a parole dovrebbero difendere e salvaguardare l’integrità della
propria professione di fede. “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il
gregge del mio pascolo…” (dal Profeta Geremia). Chissà, oggi, in quante omelie
si sentirà piangere un “mea culpa” in relazione all’attuale vita della Chiesa che
è in affanno. Non disperiamo, però: “…Ecco, verranno giorni nei quali susciterò
a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero Re e sarà saggio ed eserciterà
il diritto e la giustizia sulla terra…e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia.” (dal Profeta Geremia).
Il
cristianesimo è una religione della memoria, ma non di una memoria triste,
bensì di una memoria che supera il crimine subito da Gesù Cristo perché in quel
Sacrificio del Figlio di Dio c’è tutta la redenzione che toglie, quando
vogliamo, i nostri peccati. Per questo, con umiltà e contrizione, ci accostiamo
a quella mensa preparata dal Signore-nostra-giustizia, per questo siamo in grado
di poter capire ciò che scriveva San Paolo nella Lettera agli Efesini: “…Ora,
invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati
vicini, grazie al sangue di Gesù.”
Con
questo i problemi sicuramente rimangono, come i disagi e le sofferenze per le
divisioni che si moltiplicano in ogni ambito e, soprattutto, nella presenza
sociale.
In
forza, però, di quel sangue versato di Cristo e la certezza della sua
Resurrezione sappiamo che nessuna forza avversa potrà mai distruggere la
Chiesa. Lui è il Re, è il saggio che esercita il diritto e la giustizia
attraverso il suo Vangelo. La sua Potenza, però, è contornata da una tenerezza
che solo il suo infinito amore contiene: “…sceso dalla barca, egli vide una
grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno
pastore.” (dal Vangelo di Marco).
Ieri
come allora Ci guarda da quella mensa e anche se non siamo una grande folla ha
compassione di noi, perché ci manca una guida. Ma a noi basta Lui, a noi basta
la consapevolezza che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese
profonde di ogni cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti
sul dolore, l’ingiustizia e il male, sulla morte e l’aldilà.
Dunque,
la nostra fede non è fondata su quel prete o quel vescovo, perché è a Cristo
Signore che guardiamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, e non solo, l’importante
è che questa fede diventi finalmente vita vera in ciascuno di noi.
Come
un germoglio giusto che sa donarsi con tenacia e fedeltà ai principi che
formano la morale cristiana. Che sa parlare al mondo senza acquisire il suo
linguaggio, ma offrendo la freschezza della semplicità e la decisione di chi
crede in quello che professa. Che sa sperimentare percorsi nuovi seppur antichi
dove la dignità di ogni essere umano è rafforzata dalla condivisione e dalla
solidarietà. Che sa di poter contare sulla forza che viene dalla conversione,
perché questa ci trasformi noi tutti in
un dono (per-dono) costante.
Ger
23,1-6 / Sal 22(23) / Ef 2,13-18 / Mc
6,30-34
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