XIII Domenica T.O. (Anno B)
L’espressione “talita kum” che troviamo nel Vangelo di
oggi, letteralmente, in aramaico significa “agnellino, alzati”.
Mi
piace, indipendentemente dalle interpretazioni filologiche di quelle parole,
riconoscere un tocco quasi voluto di tenerezza che esprime tutta la compassione
di Gesù per i suoi “agnellini”. E’ un riandare a quell’altra immagine del
Cristo Buon Pastore con sulle spalle la pecorella smarrita. Come dire, con
gesti semplici, seppur misteriosi, come il ritorno alla vita della figlia di
Giairo, quanto il Libro della Sapienza ci consegna: “…perché
Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi…ma per
l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro
che le appartengono.”
Il
nostro Dio è il Dio della vita e noi tutti siamo stati creati per essere
viventi. Certo, per la libertà che ci viene dall’essere viventi, possiamo anche
scegliere di essere dei morti, come tutti quelli che si espongono con orgoglio
contro le leggi del Signore.
Di
fronte a queste situazioni di peccato conclamato, addirittura osannato, noi non
possiamo che opporci con la preghiera di riparazione, disposti a pagare di
persona per risollevare dall’abisso quei poveracci ingannati dal diavolo.
Prendiamo, quindi, per buona la lettera di Paolo ai Corinti: “…e
come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in
ogni zelo e nella carità che vi ho insegnato, così siate larghi anche in
quest’opera generosa…”.
Non
è facile, evidentemente, anche perché il peccato è nella stessa chiesa, cioè le
ambiguità e la confusione regnano sovrane, al punto che ci consolano le parole
che possiamo sottolineare nei passaggi del Salmo: “…ti
esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici
di gioire su di me.”
Solo
la grazia di Dio, infatti, ci permette di uscire dal pantano in cui, con le
nostre azioni e con le insidie di chi ci vuole male, affondiamo a volte senza
rendercene conto. Solo Lui ci prende per mano e ci dice “alzati, vieni vicino a
me, abbi fede, io ti guarirò, ti ridarò la vita”.
Abbiamo
fede, nel Vangelo incontriamo diverse persone, ma due, in particolare, si
distinguono: “…Giairo…gli
si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza…e la donna…venne , gli si gettò
davanti e gli disse tutta la verità…”.
Il
movimento è il medesimo e si distinguono per esso: si gettano
ai piedi del Signore, sanno di poter contare su di Lui, non sanno come, ma ci
credono. E uno, insiste, e l’altra crede proprio che anche il solo toccare il
suo mantello le porterà beneficio. E noi? Siamo capaci almeno di metterci in
ginocchio quando lo riceviamo nell’Eucaristia? Se solo sapessimo che cosa può
trasformare quella piccola particola: “…prese
la mano della bambina e le disse “Talita Kum” che significa “fanciulla io ti
dico alzati”…”. Anche quella fanciulla era ai piedi di Gesù, anche a lei fu
chiesto di alzarsi, come a Giairo, come alla donna senza nome, come anche a noi
che possiamo alzarci dal pantano per riprendere a camminare nella terra dei
viventi. Come
“agnellini”, fiduciosi, sulle spalle del nostro pastore.
Sap 1,13-15;2,23-24 /
Sal 29(30) / 2Cor 8,7.9.13-15 / Mc 5,21-43
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