Sesta Domenica di Pasqua(Anno B)
Di
una cosa sono sicuro, è sull’amicizia che si costruiscono rapporti veri,
sinceri, duraturi. Questo vuole dire che se da un incontro con una persona
scaturisce quella scintilla di empatia, se custodita come si deve, questa si
trasforma in un sentimento che si appaga proprio in uno stato che viene,
appunto, chiamato amicizia.
“…Non
vi chiamo più servi…ma vi ho chiamato amici perché tutto quello che ho udito
dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.” (dal Vangelo di Giovanni).
Ecco,
vedete, così è avvenuto per i discepoli che, incontrando sulla loro strada
Gesù, ne furono subito attratti e, proseguendo nella conoscenza, capirono di
potersi fidare di Lui. E il loro rapporto si consolidò nel rispetto, nella
lealtà, nella stima. E’ così che avvenne anche per noi. Ripensiamo un attimo agli
amici della nostra vita e scopriremo che fu così che nacque l’amicizia
e che,
nel tempo, dura anche se magari ci si è persi di vista. Basta rincontrarsi e
subito riemerge l’intensità del legame e si gode dello stare insieme. Questa
condizione è l’humus necessario per svilupparsi ad un livello che va oltre, che
possiamo chiamare amore, perché capiamo che sull’altro possiamo contare, perché
sappiamo che è disposto a dare la vita per noi.
E’
l’amore che si fonda negli sposi, quando ha superato la fase iniziale
dell’innamoramento. E’ l’amore che è disposto a tutto per il bene dell’altro.
“…Dio
ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché noi avessimo la vita per
mezzo di Lui.” (dalla prima lettera di Giovanni).
Adesso
possiamo comprendere nella sua interezza questo passaggio della Parola, Dio non
rinuncia a pensare per il nostro bene, nonostante le nefandezze dell’uomo, e
perché non perdessimo la vita, quella presso di Lui, s’incarna per correggere
la nostra vita terrena, disposto a perderla addirittura sulla croce, pur di non
lasciarci andare negli abissi dell’inferno.
“…Pietro
allora prese la parola: in verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza
di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia.” (dagli Atti degli
Apostoli).
Come
Pietro “stava rendendosi conto”, anche noi dobbiamo renderci conto che se Dio
non fa preferenze, non c’è vescovo, prete, diacono o religioso che tenga, Lui si
è accostato anche a me, a ciascuno di noi. L’importante è che non lo trattiamo
come il commesso di un qualsiasi supermercato a cui chiedere questo e quello e,
quando soddisfatti, buongiorno, buonasera, chi s’è visto,
s’è visto, ma cominciamo con il temerlo, soprattutto pratichiamo la giustizia
nei confronti di chi ci sta attorno. Viceversa, le tenebre ci sommergeranno
perché il suo giudizio a tempo debito non mancherà.
“…davanti
al Signore che viene a giudicare la terra, giudicherà il mondo con giustizia.”
(dal Salmo 97).
Qui
si potrebbe aprire un’ulteriore riflessione, quando dice “giudicherà il mondo”,
perché quel giudizio si potrà intendere esteso all’insieme di un gruppo, di una
nazione, di una “religione”.
“…voi
siete miei amici se fate ciò che io vi comando…” (dal Vangelo di Giovanni).
Quando
un gruppo, un popolo, una nazione non fa più quel che Dio comanda, allora
questi non saranno più amici di Dio, ma saranno servi, “…perché il servo non sa
quello che fa il suo padrone…” (dal Vangelo di Giovanni) e il padrone del mondo
porta solo al suo interesse e alla perdizione dell’uomo.
A
questo punto la domanda è semplice: vogliamo essere suoi amici? Vogliamo essere
gli amici di Dio? Da parte sua, indipendentemente, la risposta c’è già stata e
ad ogni Eucaristia la rinnova: “venite amici miei alla fonte della vita”.
At 10,25-26.34-35.44-48 / Sal 97(98) / 1Gv 4,7-10 / Gv
15,9-17
Digiemme