IL TRALCIO


Quinta Domenica di Pasqua(AnnoB)
Nessuno è obbligato a farsi cristiano. Il Cristianesimo può benissimo non essere condiviso, ma è fuor di dubbio che è una religione di pace perché mette al centro della sua missione la persona nella sua interezza, temporale e spirituale:
“…la Chiesa era dunque in pace…si consolidava e camminava nel timore del Signore.” (dagli Atti degli Apostoli).
Nel momento che si aderisce alla sua proposta di vita, si diventa discepoli di Cristo e alla sua sequela si vive il nostro tempo, sappiamo che il timore di cui parlano gli Atti attiene alla paura di restarsene lontano.
Non a caso il Vangelo parla della vite e dei tralci. Se questi ultimi non sono strettamente legati alla pianta si ammalano e si seccano e non sono belli da vedere:
“Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco…” (dal Vangelo di Giovanni).

Spicca in questa Parola l’espressione “ senza di me non potete fare nulla” ed è tanto vera se guardiano alle opere che contraddistinguono i progressi dell’umanità. Pensiamo, per esempio, al campo della medicina, al prendersi cura del corpo dell’uomo malato e sofferente. Si potrà anche essere dei geni e scoprire patologie in modo sempre più appropriato, ma se non si guarda al bisognoso, alla sua dignità di persona, allora non servirà a niente innalzare ospedali su ospedali, sempre più attrezzati, sempre più tecnologici, sempre più, però, al fine assetati di potere, di prestigio, di successi, di avidità. E alla fine tutto seccherà. Come sta succedendo con il caso Alfie. E’ sotto gli occhi di tutti, potenti, giudici, medici, giornalisti, compresi religiosi e pure vescovi:
“…Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.” (dalla Prima lettera di San Giovanni Apostolo).
Che grave ammonimento e quanto mai è attuale! Soprattutto il riferimento alla “verità” deve farci riflettere. Non possono esserci diplomazie o opportunismi che tengano, la verità va sempre salvaguardata ed offerta all’intelligenza e al cuore di chi ci ascolta, di chi non ha ancora conosciuto la misericordia e l’amore del Signore:
“…Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.” (dal Salmo).
Cioè, io sono figlio di Dio (tratto dal suo grembo), vengo affidato a dei genitori (al seno di mia madre) perché possa essere accolto al mondo, nutrito, fatto crescere, e ritornare a Lui a Dio (da sempre, dal grembo di mia madre, sei tu il mio Dio).
E qualcuno vorrebbe diventare il padrone della vita di Alfie? Un medico, un giudice, un vescovo, vuole sostituirsi ai genitori, alla madre cui il Buon Dio ha affidato Alfie?
Ma questi non sono altro che tralci da strappare e basta, perché ormai secchi e di frutto non ne daranno più, altro non resta, per loro, che bruciare.
A noi, in cui ancora un poco scorre la linfa della vita che è il nostro Signore, ci conforta la Parola:
“…se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.” (dal Vangelo).
Ci conforta perché ora sappiamo che possiamo chiedere, nella preghiera, quel che vogliamo per il bene di Alfie e dei suoi genitori e, nella fede, scopriremo quanto il Signore avrà fatto per loro e per quanti si trovano e si troveranno nella medesima situazione. È questo il frutto della vite, molto frutto come i grappoli appesi ai tralci, che ci sostiene per la vita vera.
At 9,26-31 / Sal 21(22) / 1Gv 3,18-24 / Gv 15,1-8

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