Quinta Domenica di Quaresima(Anno B)
“…se
uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio
servitore..”
Ma
perché mai dovrei fare il servitore di qualcuno. Io non ho padroni, io scelgo
cosa fare, non c’è nessuno che possa impormi cosa devo fare, dove devo andare,
come impostare la mia vita. E’ questo, a grandi linee, il ragionamento che
potrebbe farci una persona che si dichiara atea.
Se
fatto con onestà, può essere sicuramente rispettato purché simile atteggiamento
possa esserci anche nei confronti di chi, invece, crede in Dio, creatore e
amante della vita.
Noi
siamo fra questi ultimi e ci dispiace e preghiamo per tutti quelli che dicono
di non credere, perché l’azione di Dio che ci viene presentata dal profeta
Geremia è anche per loro:“…porrò
la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro
Dio ed essi saranno il mio popolo.”
Il
Signore ha messo la sua firma sul nostro cuore a sigillo del suo amore nei
nostri confronti. Solo noi potremo spezzare quel sigillo, potremo cancellare
ciò che ha scritto, rifiutare la sua alleanza. Come in più occasioni aveva
fatto il suo popolo, salvo poi pentirsene amaramente, tanto da cantarlo nel
Salmo:
“…pietà
di me o Dio…lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.”
In
questo salmo c’è tanta coscienza del male che il peccato porta luttuosamente
con sé da volerselo proprio togliere anche con il simbolico gesto
dell’immersione nell’acqua purificante. Perché la purezza è stato essenziale e
concreto per riuscire a guardare con occhi limpidi a quanto avviene nella
nostra vita, donataci per seguire gli insegnamenti di Gesù Cristo che come dice
la Lettera agli Ebrei:
“…divenne
causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.”
Ora
domandiamoci con risolutezza: noi obbediamo a colui che in ogni Eucaristia
rivive, proprio per noi, il Sacrificio di espiazione?
I
suoi comandi sono difficili da eseguire, ma Lui ci insegna come metterli in
pratica, “fate come me che sono mite e umile di cuore; il mio giogo è soave e
lieve il peso” e vedrete che non saremo più servitori, ma fratelli. Così, in
questa condizione, possiamo ascoltare il Vangelo di Giovanni:
“…venne
allora una voce dal cielo: “l’ho glorificato e lo glorificherò ancora”… Disse Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi”.
Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato
fuori. E io quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me.”
La
glorificazione del Figlio trovò la sua sublimazione sulla croce, la nostra
trova il suo suggello sotto la croce quando, guardando ad essa, riusciremo a
togliere i chiodi dell’ingiustizia su quanti non è permesso vivere, addirittura
non è permesso nascere, quando riusciremo a togliere i chiodi del dolore che
agguanta come una malattia, come un tradimento che distrugge legami, amicizie e
fraternità. Allora capiamo bene perché quella voce è rivolta a noi, perché se
la croce può essere gettata nel cestino di aula scolastica o presso un seggio
elettorale, questo conferma il giudizio del mondo, ma non il nostro. Noi, com’è
detto, ci accasciamo ai piedi di quel legno e lo facciamo con la devozione
della Via Crucis, come una risposta, forse un po' timida, alla promessa di
quell’attrazione per tutti gli uomini disposti ad essere anche dei buoni
servitori.
Ger
31,31-34 / Sal 50(51) / Eb 5,7-9 / Gv 12,20-33
Digiemme