Sesta Domenica T.O.(Anno B)
Uno
dei miei eroi che hanno popolato l’età della mia infanzia fu senz’altro Padre
Damiano. Il film visto al cinema parrocchiale che racconta la sua santità di
vita sull’isola dei lebbrosi, Molokai, ha acceso la fantasia di un bambino che
era fermo agli eroi pronti a difendere con la spada i più deboli e lottare per
la giustizia. Quel bambino scoprì che si poteva avere a cuore i bisognosi e
battersi per loro anche e solo con la forza della fede di un buon sacerdote.
Leggendo dal Libro del Levitico:
“…quel
tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei suoi sacerdoti.”
mette,
appunto, in risalto come quella forza donata ai sacerdoti sia espressa volontà
del Buon Dio.
Per
i lebbrosi di allora, e pure quelli di
oggi, il Salmo è, perciò, quanto mai azzeccato:
“…Tu
sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia, mi circondi di canti di
liberazione.”
Dicevo
dei lebbrosi di oggi, colpiti da quella terribile malattia sono rimasti, grazie
a Dio e grazie ai progressi della medicina e di una sempre migliore condizione
di vita sociale, abbastanza pochi, ma per assimilazione possiamo dire,
purtroppo, che ben altra pestilenza si è abbattuta su quanti vivono sul proprio
corpo tutto il sozzume che la società di oggi propina fin dal primo istante di
vita di ogni singola creatura.
Si
può essere infettati già al concepimento con le pratiche di fecondazione
artificiale, di utero in affitto, si può essere deviati con il cosiddetto
gender fin dalla scuola materna, si può essere alterati con il consumismo di
tutto ciò che si vuole, si può essere svuotati con le tossicodipendenze, si può
essere deturpati nella dignità con la svendita dell’amore ridotto a mero
strumento sessuale di appropriazione per un piacere fine a sé stesso.
Si
può…si può…essere peggiori di un vero malato di lebbra, bisognosi di un nuovo
Padre Damiano che deve aver rafforzato la sua vocazione leggendo San Paolo:
“…come
io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse, ma
quello di molti, perché giungano alla salvezza.”
Ecco,
questo è l’obiettivo, la salvezza di ogni creatura perché ciascuna è stata
voluta, amata, cercata, perduta e ancora cercata con pazienza; sentite questo
passo del Vangelo di Marco, con quale premura si rivolge al lebbroso:
“…ne
ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “lo voglio, sii
purificato!... e ammonendolo severamente gli disse: “va’
a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha
prescritto, come testimonianza per loro.” Ma quello si mise a proclamare e a
divulgare il fatto.”
E’
proprio così: ancora oggi ha compassione per ciascuno di noi, impestati dal
peccato che ci mutila, ci deforma, ci abbandona all’isolamento e alla
solitudine. Ogni giorno tocchiamo con mano il sozzume che ci circonda e, forse,
ci navighiamo dentro anche volentieri, ogni giorno, però, il Buon Dio ci cerca,
ci chiama e, di fronte, al nostro desiderio di tornare a vivere, stende la sua
mano e ci purifica attraverso il Sacramento della Confessione. Guarda caso, il
braccio che stende la mano è quello di un suo sacerdote. Prima di fare come
quel lebbroso del Vangelo che proclama, salta ed annuncia per la gioia, andiamo
prima ad inginocchiarci davanti al Santissimo così che anche noi possiamo presentarci
lavati dal sozzume e purificati in forza del suo Amore.
Lv 13,1-2.45-46 / Sal 31(32) / 1Cor
10,31 - 11.1 / Mc 1,40-45
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