La mia voce verso Dio per gridare “ Salvami Signore!” (Pietro nel Vangelo).
“…Dico la verità in Cristo, non mento…ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua…”
Come non condividere la condizione di Paolo confessata ai cristiani di Roma?
Ecco, in qualche modo i panni dei due supremi Apostoli sono nostri, ci stanno a pennello. Non meravigli.
Non ci può essere sollievo in questa nostra epoca in cui sembra possiamo permetterci ogni bene, ogni progresso tecnico, scientifico, medico, sociale, eppure non siamo in grado di garantirlo ad ogni essere umano che si affaccia sulla terra.
Anzi, la crudeltà diventa il sigillo con cui si uccidono nella liceità della legge gli esseri più innocenti nel grembo materno.
La disperazione accentua questo grande dolore e questa sofferenza continua perché non riesco a togliermi dalla testa che si arriverà probabilmente a superare quella condizione di rifiuto materno, ma solo perché le donne future saranno esautorate dal divenire madri. Tutto verrà fatto in batteria con la supervisione dello Stato.
Saranno tempi che si ripeteranno, tempi di tempesta, di terremoti, di fuoco bruciante e il Signore non ci sarà:
“…il Signore non era nel vento, nel terremoto, nel fuoco, il Signore era nel sussurro di una brezza leggera.” (Primo Libro dei Re).
Il Signore lascia andare chi vuole sfruttare come vento le volute del potere, lascia andare chi crede di fare e disfare come per distruggere e ricostruire a suo godimento, lascia andare chi gioca con il fuoco del proprio orgoglio, del proprio potere.
Il Signore sta, invece, fra la bontà di chi sa ancora ascoltare il più tenue sussurro che gli gratifica il respiro di un cuore che batte sotto il cuore di una madre, di un cuore puro, come quello, appunto, del Signore Dio che riconosciamo nel Salmo:
“…sei stato buono Signore con la tua terra, ritorna a noi, Dio nostra salvezza…”
Anche noi possiamo dire “sei stato buono con noi Signore” se pensiamo alla nostra esistenza. Ai tempi dell’allontanamento, quando si pensa di poter andare senza alcun suo riferimento, tutto è più facile, e poi ci si accorge che c’è solo tanto vuoto, tanta desolazione. Poi cominciamo, poco per volta, a capire e ti accorgi che c’è “la tua mano sulla mia spalla”, ti volti e puoi proprio dire “sei buono con me Signore! Grazie perché sei ritornato, sei la mia salvezza”.
Così come lo era stata anche per i primi discepoli, tremanti sulla barca sul lago agitato: “…la barca…era agitata dalle onde, il vento era contrario.
Coraggio, sono io, non abbiate paura!...Signore, se sei tu…
Pietro vieni…ma vedendo che il vento era forte, s’impaurì, cominciando
ad affondare…Signore salvami!” (Vangelo secondo Matteo)
La barca era agitata, come oggi, e non solo per le onde. Il vento è forte, ma non gonfia le vele per la Chiesa Missionaria, perché è un vento contrario. Stavano sulla barca loro affidata, ma erano paurosi e lo divennero ancora di più quando videro Gesù sulle onde del mare andare verso di loro “E’ un fantasma” dicevano. Pietro, il più coraggioso e il più impetuoso di tutti, volle subito mettersi alla prova, ma la sua fede poggiava solo sul suo coraggio che quando venne meno mise a nudo la sua spocchia. Solo l’umiltà ed il riconoscimento della propria pochezza intenerisce la potenza del Signore che gli allunga la mano e lo trae a sé.
Proviamo ora a cambiare i soggetti presenti sulla barca, tuniche diverse, culture diverse, studi diversi, percorsi diversi, responsabilità diverse, eppure su quella barca, come sulla barca di oggi, può esserci e c’è ciascuno di noi. Ognuno con il suo ruolo, con il suo contributo per comandare la barca affinché non vada a fondo. Chi tiene il timone, chi tira le funi, chi alza le vele, chi rabbocca, chi lancia il salvagente, ma tutti insieme in una sola preghiera: “Signore salvaci!”.
1Re 19,9a.11-13a / Sal 84(85) / Rm 9,1-5 / Mt 14,22-33
digiemme
“…Dico la verità in Cristo, non mento…ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua…”
Come non condividere la condizione di Paolo confessata ai cristiani di Roma?
Ecco, in qualche modo i panni dei due supremi Apostoli sono nostri, ci stanno a pennello. Non meravigli.
Non ci può essere sollievo in questa nostra epoca in cui sembra possiamo permetterci ogni bene, ogni progresso tecnico, scientifico, medico, sociale, eppure non siamo in grado di garantirlo ad ogni essere umano che si affaccia sulla terra.
Anzi, la crudeltà diventa il sigillo con cui si uccidono nella liceità della legge gli esseri più innocenti nel grembo materno.
La disperazione accentua questo grande dolore e questa sofferenza continua perché non riesco a togliermi dalla testa che si arriverà probabilmente a superare quella condizione di rifiuto materno, ma solo perché le donne future saranno esautorate dal divenire madri. Tutto verrà fatto in batteria con la supervisione dello Stato.
Saranno tempi che si ripeteranno, tempi di tempesta, di terremoti, di fuoco bruciante e il Signore non ci sarà:
“…il Signore non era nel vento, nel terremoto, nel fuoco, il Signore era nel sussurro di una brezza leggera.” (Primo Libro dei Re).
Il Signore lascia andare chi vuole sfruttare come vento le volute del potere, lascia andare chi crede di fare e disfare come per distruggere e ricostruire a suo godimento, lascia andare chi gioca con il fuoco del proprio orgoglio, del proprio potere.
Il Signore sta, invece, fra la bontà di chi sa ancora ascoltare il più tenue sussurro che gli gratifica il respiro di un cuore che batte sotto il cuore di una madre, di un cuore puro, come quello, appunto, del Signore Dio che riconosciamo nel Salmo:
“…sei stato buono Signore con la tua terra, ritorna a noi, Dio nostra salvezza…”
Anche noi possiamo dire “sei stato buono con noi Signore” se pensiamo alla nostra esistenza. Ai tempi dell’allontanamento, quando si pensa di poter andare senza alcun suo riferimento, tutto è più facile, e poi ci si accorge che c’è solo tanto vuoto, tanta desolazione. Poi cominciamo, poco per volta, a capire e ti accorgi che c’è “la tua mano sulla mia spalla”, ti volti e puoi proprio dire “sei buono con me Signore! Grazie perché sei ritornato, sei la mia salvezza”.
Così come lo era stata anche per i primi discepoli, tremanti sulla barca sul lago agitato: “…la barca…era agitata dalle onde, il vento era contrario.
Coraggio, sono io, non abbiate paura!...Signore, se sei tu…
Pietro vieni…ma vedendo che il vento era forte, s’impaurì, cominciando
ad affondare…Signore salvami!” (Vangelo secondo Matteo)
La barca era agitata, come oggi, e non solo per le onde. Il vento è forte, ma non gonfia le vele per la Chiesa Missionaria, perché è un vento contrario. Stavano sulla barca loro affidata, ma erano paurosi e lo divennero ancora di più quando videro Gesù sulle onde del mare andare verso di loro “E’ un fantasma” dicevano. Pietro, il più coraggioso e il più impetuoso di tutti, volle subito mettersi alla prova, ma la sua fede poggiava solo sul suo coraggio che quando venne meno mise a nudo la sua spocchia. Solo l’umiltà ed il riconoscimento della propria pochezza intenerisce la potenza del Signore che gli allunga la mano e lo trae a sé.
Proviamo ora a cambiare i soggetti presenti sulla barca, tuniche diverse, culture diverse, studi diversi, percorsi diversi, responsabilità diverse, eppure su quella barca, come sulla barca di oggi, può esserci e c’è ciascuno di noi. Ognuno con il suo ruolo, con il suo contributo per comandare la barca affinché non vada a fondo. Chi tiene il timone, chi tira le funi, chi alza le vele, chi rabbocca, chi lancia il salvagente, ma tutti insieme in una sola preghiera: “Signore salvaci!”.
1Re 19,9a.11-13a / Sal 84(85) / Rm 9,1-5 / Mt 14,22-33
digiemme