Quarta domenica di Pasqua(Anno A)
L’immagine del buon Pastore che chiama le sue
pecore per nome è di una poesia unica: “…Egli chiama le sue pecore, ciascuna
per nome, e le conduce fuori…”.
E’ facile aggiungere l’iconografia che vede
Gesù con sulle spalle l’agnellino e il quadro è terminato. Qualsiasi profilo di
facebook, o quasi, lo utilizzerebbe senza esitazione.
Noi, invece, dobbiamo guardare, o meglio,
ascoltare questo passo del Vangelo come un diretto riferimento alla propria
persona.
E’ proprio il mio nome, il tuo nome che
vengono declamati, è proprio davanti a noi che Gesù cammina. Come ad indicarci
il pascolo presso cui andare a rifocillarsi
ed è un grande “prato verde dove nascono speranze…” come cantava Gianni
Morandi.
Bene s’innesta, quindi, il Salmo: “…anche se
vado per una valle oscura non temo alcun male, perché tu sei con me…”. Spesso,
e volentieri, purtroppo, quei pascoli erbosi si trasformano, nella vita, in
strette e buie gole, minacciose di pericoli, d’imboscate, di guerriglie, di
fronte cui si trema e si dispera di saper o poter proseguire.
Ma se con me c’è Gesù, cioè, se vivo con il
suo nome sulle labbra tutti i giorni, riuscirò a superare le tenebre oscure del
male, del peccato, del tentatore ed uscire sull’ampia vallata dove potrò vivere
secondo le indicazioni di Pietro: “…ma se, facendo il bene, sopporterete con
pazienza la sofferenza. ciò sarà gradito davanti a Dio…”. (1Pt)
Fare il bene è condizione essenziale perché
quell’ampia vallata possa continuare a rifiorire. Abbiamo, perciò, cura della
terra in cui viviamo, con i nostri agglomerati, con le nostre famiglie. E fa
niente se per rispondere a questa chiamata bisogna lottare e sopportare con
pazienza ogni sofferenza.
Anzi, ascoltiamo attoniti: “…salvatevi da
questa generazione perversa…”. (At).
Quanto è mai attuale tale monito. Non è forse
una generazione perversa quella che volutamente e deliberatamente decide di
sfasciare la famiglia? Che innalza a modello di amore unioni contro natura? Che
decide chi deve nascere e chi deve morire? Chi non è degno di vita come i down
e chi merita una “dolce morte” perché vecchio? Questa è una generazione da cui
bisogna fuggire, salvarsi, lottando, appunto, affinché riemerga la consapevolezza
che l’uomo non può ergersi a Dio salvo condannarsi all’autodistruzione. E se
desideriamo salvarci non ci resta che imboccare l’unica porta che salva: “…Io
sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato, entrerà e uscirà e
troverà pascolo…io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in
abbondanza.” (Gv).
C’è per tutti una sola vita, sempre Morandi
in una sua canzone dice “…si vive una volta soltanto”, come può, quindi,
esserci la vita in “abbondanza”?
I grappoli della vite indicano questo segno
di moltiplicazione: gli acini di uva formano un unico frutto che matura e si
trasforma, lavorato dall’uomo, nell’abbondanza del vino.
Così la vita di ciascuno di noi, unica,
matura e si trasforma, lavorata dall’Amore, nell’abbondanza del premio eterno.
At 2,14a.36-41 / Salmo 22(23) / 1Pt 2,20b-25 / Gv
10,1-10
digiemme