Ascensione del Signore
Sembra di vedere un’istantanea odierna: “…gli
undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro
indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi, però, dubitarono…” (Mt
28,16-20).
No, una differenza c’è, quasi più nessuno si
prostra davanti al Santissimo, ci si passa davanti come se fosse un soprammobile,
al massimo uno sbracciare di mosche con un anchilosato piegamento di gamba.
Per il resto c’è tutta la Chiesa di ieri e di
oggi: “…essi, però, dubitarono”. Certo, non avevano ancora incontrato Paolo che
nella lettera agli Efesini scriveva:
“…tutto infatti egli ha messo sotto i suoi
piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di
Lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.”
Più chiaro di così, alla Chiesa è dato il
potere e il dovere di svelare la verità sulla creazione, sulla vita, sulla
morte. Non può tacere su queste “cose” e quando tace, di fatto non è più
Chiesa. Perché la Chiesa vera è il corpo di Lui e in questo corpo vi è la
pienezza affinché attraverso la sua rivelazione ci sia il compimento di tutto:
la creazione, la vita, la morte, l’eternità per ciascuno di noi.
Guardate che se solo dovesse mancare, per
deliberata volontà, uno di questi passaggi, è inoppugnabile che si debba
renderne conto a Dio.
Questa Chiesa, noi stessi, non può e non
possiamo accampare scuse. Nero su bianco, negli Atti degli Apostoli: “…ma
riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete
testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini
della terra.”
Vedete, ci dona la sua forza, quella dello
Spirito Santo, ha pazienza, sa che siamo sempre nel dubbio di ritorno e ci
esorta ad essere suoi testimoni, non di Pietro o di Paolo, di Tizio o di Caio,
ma suoi, fino ai confini della terra, quanto meno ai confini della nostra vita,
qualsiasi essa sia.
Testimoni, sia ben chiaro, felici, gioiosi
come quelli che hanno steso il Salmo:
“…ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore
al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro
Re, cantate inni”.
Cantate inni, quante volte ci viene ripetuto,
inni al Re, che è come dire cantate inni alla creazione, alla vita, all’Amore.
E’ questo il nostro ritornello, non possiamo smettere di cantarlo, magari anche
stonandolo, magari pure se qualcuno lo ritiene superato, non al passo coi
tempi. Chi se ne importa, noi crediamo nella creazione frutto dell’Amore di Dio,
crediamo nella vita, dono del suo Amore che niente e nessuno può rifiutare
senza doversene pentire.
Ecco, non possiamo permetterci che qualcuno
possa perdersi, attardarsi sulla strada che conduce oltre la morte, verso la
vita per sempre, nella pienezza tempi:
“…Andate, dunque, e fate discepoli tutti i
popoli…Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”
Ecco l’ulteriore premura di Dio: non ci
lascia soli, se decidiamo per Lui, se ci prendiamo cura del prossimo in Lui,
tutto ci sarà possibile, anche fare discepoli tutti i popoli del mondo,
indipendentemente dalla religione, dal colore della pelle e dalle condizioni
sociali.
L’alternativa è solo una nuova torre di
babele. Al cielo, lasciamo ascendere solo Lui. E’ quanto ci basta.
At 1,1-11 / Sal 46(47) / Ef 1,17-23 / Mt
28,16-20
digiemme