27 agosto 2016

L’ESALTATO E L’UMILIATO



XXII Domenica del Tempo Ordinario
La frase principale del Vangelo: “…chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato…” è entrata nella filosofia popolare e proprio tutti la conoscono e la citano non appena ne capita l’occasione. Se ne capisce il senso, ma quasi sempre lo si applica, nella prassi, appena è possibile, distorcendone la buona logica della mitezza.
E’ forte la tentazione di fare il primo della classe, il gallo nel pollaio, il bullo del quartiere, il padrone di uomini, il Don Rodrigo della zona, insomma, l’altezzoso, laico, prete o religioso che sia.
E proprio perché il Buon Dio conosce bene i suoi polli, non limita la misericordia ad una logica fine a sé stessa, ma dispensa consigli a tutto spiano: “…Figlio compi le tue opere con mitezza e sarai amato più di un uomo generoso”. (Siracide). Si potrebbe anche tradurre “figlio, nella ricchezza cammina con modestia” e già questa sintesi sarebbe una gran bella cosa.
Quante persone operano nel servizio al prossimo con il sorriso sul viso, con la fiducia del buon fare, con la discrezione di chi possiede beni e ricchezza. Li si può incontrare tutti i giorni. Basta fare un salto in qualsiasi associazione di volontariato.
In ogni caso, il Buon Dio non si ferma a questo, ma offre un posto ben preciso dove poter imparare a vivere: “…non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile, un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra o tempesta, voi invece vi siete accostati alla…città del Dio vivente.” (Lettera agli Ebrei).
E’ la Chiesa questa città del Dio vivente, è qui che troviamo: “…Padre degli orfani e difensore delle vedove. A chi è solo Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri…” (Salmo).
Notare come i privilegiati siano gli orfani e le vedove, i più deboli per eccellenza: ergo, per imparare a vivere, ecco la nostra missione. Per esempio: non sono forse i bambini che devono nascere, già orfani se i loro genitori decidono di ricorrere all’aborto volontario? Chi può essere più debole di loro? Non sono forse le donne che, incinte, vengono abbandonate dal marito, dal compagno, dal partner, come novelle vedove bianche? Senza che nessuno poi chieda più nulla a loro del dramma che hanno affrontato e subìto, dello strazio e del senso di peccato che si trascineranno per tutta la vita. Chi può essere più debole di loro?
Dice il Signore, “Io sono il Padre degli orfani e il difensore delle vedove” e se vogliamo seguirlo dobbiamo fare come lui, ma fare questo con mitezza perché a lui piacciono i miti, ne ha fatto anche una beatitudine.
E quando, per questo modo di essere, ti chiameranno perché pensano che tu sei una persona generosa, fa come Madre Teresa e ricorda che lo fai perché lo hai imparato presso la casa del Dio vivente. Vadano là, se anche loro vogliono fare lo stesso, come dicono e auspicano, e troveranno il vero Maestro.
Con questa logica, non saremo tentati di arrivare per primi agli inviti, per metterci “ ai primi posti “, così come non ci esalteremo se ci verranno incontro per: “…amico, vieni più avanti…” (Vangelo), ma saremo felici se a darci dell’amico sarà il Buon Dio e ci dirà “vieni più avanti”, ma solo perché presso la sua casa abbiamo sempre cercato di andare sempre più al centro, verso il suo tabernacolo, il suo Cuore ed onorarlo e adorarlo, per poterlo, poi, amare sopra ogni cosa, secondo la sua scuola, negli orfani e nelle vedove.

digiemme

Sir 3,17-20.28-29 / Sal 67(68) / Eb 12,18-19.22-24a / Lc 14,1.7-14