Festa della Divina Misericordia
la nostra scintilla .... il dono della vita |
Ciascuno ha la sua, scoccata
quella non ce ne sono altre: è la nostra Alfa e Omega. L’inizio della nostra
esistenza nella sua Grazia che coincide con il dono della vita.
Per questo ogni volta che questa
vita si guasta c’è la possibilità che possa essere guarita (…”e tutti venivano
guariti” At) perché il DNA del dono è immutabile e basta poco a riaccenderlo.
Basta un poco di fede nella persona
di Gesù. L’hanno sperimentato gli apostoli, lo possiamo sperimentare anche noi
nella nostra testimonianza di buoni cristiani.
Occorre, però, lasciare alle
spalle l’incredulità, tipo quella di Tommaso. Quest’apostolo, passato, suo
malgrado, ad una maggiore notorietà rispetto agli altri, bisogna proprio
capirlo: era triste, sfiduciato, impaurito, come i suoi compagni dopo tutto. E
quando Gesù appare agli altri, la stizza accresce e i dubbi lo stesso. Eppure,
Gesù entra nelle nostre case chiuse, sprangate, nei nostri cuori serrati, duri
come pietre, nelle nostre menti fredde ed ottuse, pronte a mettere tutto in
discussione. Anche a me era accaduto più o meno la stessa cosa.
Basaldella di Campoformido |
Ero scettico, praticante nella
religione, ma durante il servizio militare guardavo con titubanza a quella
parvenza di pratica religiosa che si viveva in caserma.
Il cappellano era proprio un buon
sacerdote, un parroco di campagna (Basaldella non faceva più di trecento anime)
e
si prestava anche a seguire le poche decine di soldati (su 400) che non mancavano alla funzione domenicale.
si prestava anche a seguire le poche decine di soldati (su 400) che non mancavano alla funzione domenicale.
Acquistò fiducia presso di noi e
cominciammo a frequentarlo anche presso il suo paesello. Una sera c’invitò ad
una celebrazione eucaristica presso la sua chiesa parrocchiale. Eravamo cinque
o sei, non di più, la chiesa semibuia, noi tutti intorno all’altare, lui che
celebrava in una condizione a dir poco ispirata, noi idem nella nostra
partecipazione. Ad un certo punto, poco prima della consacrazione, mi trovai a
domandarmi: se adesso apparisse il Signore in carne ed ossa, io allora gli
crederei al 100% e non avrei più alcuna remora nell’affermare che Lui è il
Figlio di Dio, fatto uomo, morto e risorto per
la nostra salvezza. E mi
guardavo attorno, tutto sempre più buio, la luce solo sulla mensa, sentivo la preghiera
eucaristica in sordina e sentivo dentro di me “…troppo comodo caro mio, sei
peggio di Tommaso” e poi l’ostia in alto fra le mani del “sacerdote” e poi il
calice in alto come offerta, fino a quando, in ginocchio, sempre dentro di me “…mio
Dio, mio Signore”.
...tutto sempre più buio .... |
Ma, allora, è tutto così
semplice?, un cuore aperto, un corpo puro, una mente semplice e, soprattutto,
la capacità di dire “mio Dio, mio Signore”…senza pretendere di vedere. Ecco,
ora capisco la promessa di Gesù…“Beati quelli che non hanno visto e hanno
creduto” (Gv) e beati noi, quindi, nel tempo, per la vita di oggi e per la vita
di domani.
At 5,12-16 / Sal 117(118) / Ap 1,9-11°.12-13.17-19 / Gv
20,19-31
digiemme