LE VEDOVE E GLI ORFANI

Non sono “le vedove allegre” quelle che ci vengono presentate dalla Parola nell’ascolto odierno. La vedova di Sarepta e la vedova del Tempio sono accomunate da una condizione simile: la povertà di mezzi.
Nel tempo la condizione della donna sposata che restava vedova era sinonimo di estrema debolezza sociale, a maggior ragione se con figli da crescere. Proprio per questo era anche soggetto degno di particolare protezione. Le buone intenzioni, però, molto spesso rimangono sulla carta. Come avviene anche oggi. Anzi, ai nostri giorni, per la donna le condizioni sono peggiorate: sempre più
la vediamo lasciata sola, quando deve decidere il destino del figlio che porta in grembo; sfruttata come oggetto nella pubblicità; abbandonata quando non più soddisfacente gli impulsi sessuali; sottopagata quando impiegata come forza lavoro; gettata quando è ridotta in schiavitù; espropriata quando anche la maternità non è più la sua prospettiva
Mentre per gli orfani, in seconda battuta, le prospettive sono ancora più drammatiche, viste in un’ottica riguardante il futuro dell’umanità: li si è corrotti, li si è drogati, li si lascia nell’ignoranza, seppellendoli in un oceano di rete mediatica che porta solo al nulla. Cosa possiamo, allora, aspettarci se non l’abbandono (l’esperienza di “Madre Amabile” ha molto da dire in merito), se non il disagio, se non il nichilismo, quando va bene?. Sono come “cani senza collare”, il titolo di un famoso libro ("Cani perduti senza collare" di Gilbert Cesbron) che racconta le esperienze di giovani finiti in istituti.  Sono “orfani”, oggi, non perché il padre, la figura maschile, il marito sia morto, ma è come se lo fosse, perché la figura di padre, di educatore sta sempre più scomparendo, anche, per “porca comodità” di chi non vuole assumersi alcuna responsabilità.
Viceversa, tornando alle vedove della Parola, vediamo come nella loro fragilità, si dimostrano donne forti. Non hanno nulla, ma non demordano dalla fiducia: a Sarepta non dimentica l’ospitalità e questo suo gesto viene ricompensato dalla fine della siccità, tutt’intorno diventa fecondo; al Tempio non dimentica il tributo nonostante le ristrettezze e l’età avanzata, certa che così si guadagna il paradiso e
la vita eterna.
E se ad una più attenta lettura, l’immagine della vedova venisse trasferita alla comunità, al popolo di Israele, alla Chiesa di Dio?
Vedremo che ancora una volta ci viene detto di non fidarci dei potenti (salmo). Anche nella Chiesa, quando si servono solo le proprie idee. Perchè il Signore sconvolge quelle vie:  non c’è spazio per una religione senza Dio, oppure per un Dio-idea, funzionale allo scardinamento della Chiesa Cattolica. Il Signore sconvolge quelle vie con la lettera agli Ebrei perché quel Sacrificio, il Suo, è senza se, - senza riserve o “casi per casi” – senza ma – senza considerazioni o discernimenti -, e vale e avviene nel tempo, cioè anche oggi, ed è immutabile. Guai a volerlo dimenticare, oltraggiare: si ottiene solo la propria condanna. Non lascia loro scampo, possono anche ottenere successi nel mondo, possono essere osannati, ma in mano al maligno, non si accorgono di scavarsi la fossa da soli. Il dramma è che, per il ruolo che hanno nella società, in ogni ambito, civile o religioso, trascinano e dannano, con loro, persone e anime che dovrebbero invece proteggere e condurre.
Beate le vedove e gli orfani, allora, almeno su di loro la misericordia e lo sguardo del Signore li accompagnano nelle vie per la vita vera.
(1Re 17,10-16/Sal 145(146)/Eb 9,24-28/Mc 12,38-44)

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