Quarta Domenica di Avvento
Alcuni anni fa mi venne l’ispirazione di allestire un
presepe che aveva da un lato la capanna di Betlemme e dall’altro, proprio di
fronte, una collinetta sormontata da una croce. Nulla di originale per carità,
altri l’avevano pensato e realizzato meglio del mio. Non ricordo se fui
sollecitato dalla lettura di Ebrei che questa quarta domenica d’Avvento
ripropone e ci scrive che:“…Egli abolisce il primo sacrificio per costituire
quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo
dell’offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre.” (dalla Lettera
agli Ebrei)Non a caso al Figlio di Maria verrà dato il nome di Gesù che
significa “Dio salva”.
E’ stato un angelo in sogno a Giuseppe a comandarlo. Salva
da cosa? Sicuramente dalle tentazioni, dal rifiuto della sua paternità, dal
sentirsi padroni assoluti della propria vita e dal volerla imporre ad altri a
costo di predomini e guerre.
Ecco, accogliere quel sogno concesso da Dio a Giuseppe, che non è un sogno come tanti altri,
significa riconoscere che Gesù è la pace fra di noi.
Una pace che ci libera:“…abiteranno sicuri, perché egli
allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la
pace!” (dal Libro del profeta Michea)
Pace, non andiamo a cercarla fra i campi dell’Ucraina, o fra
le vie di Gaza o di Damasco, l’abbiamo a portata di mano nella carezza ad un
bambino che si lascia prendere ogni volta, per sempre, nel Sacrificio
eucaristico, con cui possiamo alimentare le nostre speranze. Attenzione, però:
“se Dio non ci concede subito ciò che chiediamo, se la gente cerca di
dissuaderci dal pregare, non cessiamo di implorarlo. Solo così attireremo
maggiormente i favori di Dio.” (San Giovanni Crisostomo)
Il problema d’oggi è che, praticamente, non si prega quasi
più. Un esempio? La novena al Santo Natale, ormai partecipata da pochi fedeli.
Al punto che ben si presta l’invocazione del salmo:“…guarda
dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha
piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.” (dal Salmo 79)
Nella Sacra Scrittura “il forte” è solo Dio. Gesù è
presentato con questo titolo. Quel bambinello, bello, bello, della melodica
canzone alla fine della novena, è in effetti forte nella mitezza, forte
nell’umiltà, forte nella santità. E’ forte della sua pace!
Il primo a riconoscere tutto questo fu Giovanni, un bimbo
non ancora nato. Gli è bastato sentire la voce di Maria, la madre di Gesù, per
sentirsi felice, gioioso, in pace, pronto al gioco. Oh, se solo sapessero gli
abortisti cogliere questi eventi che avvengono in tutti i ventri di tutte le
mamme, la pace non resterebbe una chimera e la salvezza di ciascuno sarebbe
veramente a portata di mano. Invece, cercano di trasformare il rifiuto in
diritto.
Non esiste, perché la verità è in quell’incontro fra due
donne: “…benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che
cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco appena il tuo saluto è
giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.” (dal
Vangelo secondo Luca)
Maria si recò, velocemente, cioè con premura appena saputo
che sua cugina era incinta, da Elisabetta per aiutarla. Così le portò la pace,
le portò Gesù che venne subito riconosciuto come il Signore. E’ la fede che
permette queste consapevolezze. Solo con essa si può provare che “mi accadeva
di sentirmi invadere d’improvviso da un sentimento così vivo della presenza
divina da non poter in alcun modo dubitare essere Dio in me ed io in Lui.”
(Santa Teresa d’Avila)
Ai santi viene da vivere questi doni, a quelli che, invece,
arrancano sulla strada della perfezione è data la possibilità di fermarsi
davanti ad un presepe in attesa di ritrovare la pace nelle amorose fattezze di
un bambinello bello, bello.
Mic 5,1-4a / Sal 79(80)
/ Eb 10,5-10 / Lc
1,39-45
digiemme