XV Domenica del T.O.
Anno B
La Parola di questa domenica
suscita diverse sollecitazioni ed accostamenti circa il modo con cui si cerca
di portare l’annuncio evangelico nella società in cui viviamo. Prendiamo, per
esempio:“…a Betel non profetizzerai più,
perché questo è il santuario del Re ed è il tempio del regno.” (dal Libro del
profeta Amos)
Traducendo quella situazione nel
linguaggio d’oggi possiamo immaginare che il santuario e il tempio di Betel
siano da identificarsi con i luoghi del potere legislativo attuale, e sentirci
dire: tu cristiano non venire più nei Parlamenti a parlarci di Dio, del suo
Regno, della sua Legge, dei valori (non negoziabili), dei diritti dei deboli,
perché abbiamo deciso che per te e per Lui non c’è più spazio.
Abbiamo le
nostre leggi e ci bastano per gestire come vogliamo l’umanità, che forgeremo
come fa comodo ed interesse a noi. E ci sbattono fuori, e la civiltà cristiana
poco per volta viene smantellata. Credono così di costruire impunemente la loro
città dell’uomo senza fare i conti con l’oste. Che, grazie al cielo, dispone di qualche eroe. Come il
presidente della Polonia che ha promesso battaglia e veto ad una proposta di
legge per liberalizzare l’aborto anche in quella, una volta, cattolica nazione.
Quella città, perciò, è come una Gerico qualsiasi perché:“…amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà sulla terra e giustizia si
affaccerà sulla terra.” (dal Salmo 84).Altri eroi sorgono
dall’assimilazione di questo Salmo, i quali accettano di fare del bene a tutti
senza eccezione, con le preghiere, le penitenze e, soprattutto, la
santificazione. E’ questo il modo per rendere efficace la lotta per la pace nel
mondo, per ritornare alla vera giustizia, caposaldo per il buon vivere comune
di ogni società.
D’altra parte non si può che
ripartire da questo principio perché, viceversa, non si spiegherebbe la nostra
personale chiamata alla vita ed al fatto che:“,,,ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati a lui nella carità.” (dalla
Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini)
Vi rendete conto? Non siamo
frutto del caso, ma pensati da sempre per un progetto di amore che si esprime
pienamente in Dio stesso, nostro Padre, e in tutti quelli che incontriamo nella
nostra esistenza. Un progetto che si concretizza nella carità, cioè nella
nostra autentica possibilità di aiutare gli altri a riconoscere il grande dono
della vita, qualunque sia il modo in cui essa si dipana. E’ insito in noi battezzati; possiamo e dobbiamo accettare questo impegno, questa santificazione perché “il
lavoro più grande è già stato fatto da nostro Signore. Lui non ci manda alla
semina, ma alle messe e chiede il nostro coinvolgimento perché ha fiducia in
noi.” (San Giovanni Crisostomo)
Non deludiamolo allora, andiamo nei Parlamenti,
andiamo nei Palazzi, come fece a suo tempo San Francesco, andiamo fra la gente.
Lo so, è faticoso, si deve spesse volte combattere, anche soccombere, ma il
Signore ci ha lasciato detto come fare e reagire:“…se in qualche luogo non vi
accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i
vostri piedi come testimonianza per loro.” (dal Vangelo secondo Marco)
Dare testimonianza: è questa la
chiave di volta. E dopo averla data, forse non basta neppure aver lasciato
dietro di noi la polvere, occorre difendere la libertà di andare e pure di
ritornare e, se necessario, anche di affermare che “la religione che ha per
fondamento il mistero della croce di Cristo non può essere distrutta da alcun
tipo di crudeltà e di disprezzo. La Chiesa non è diminuita dalle persecuzioni,
ma rafforzata.”(San Leone Magno).
Con questa certezza proclamata da un papa e
dottore della Chiesa, mi riesce molto facile, con semplice umiltà, scuotere la
mia polvere.
Am 7,12-15 / Sal 84(85) / Ef
1,3-14 / Mc 6,7-13digiemme.