Santissima Trinità
Anno A
E’ Gesù che ci
introduce alla conoscenza della Santissima Trinità. E’ lui che fa continuamente
riferimento al Padre, presentandosi come il Figlio mandato, è lui che lascia ai
suoi discepoli il Paraclito, lo Spirito Santo che sancisce la presenza
continua, fino alla fine del mondo, nella Chiesa, come segno visibile di Grazia
per quanti sono chiamati alla santità. In questo modo, così pensando aderisco,
per fede, al Mistero della Santissima Trinità. Mi basta e mi aiuta a capire,
per quanto possa capire vista la “dura cervice” che blocca il pieno abbandono
alla grazia sovrabbondante consegnata al mondo, tramite il sacrificio di Gesù
sulla croce.
Grazia che ci permette di fare esperienza dell’Amore di Dio per l’uomo, che non ha paragone e che è iniziato fin dall’origine: “…che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità.” (dal Libro dell’Esodo)Un’eredità che spetta alla Chiesa, su mandato diretto dal suo fondatore. E’ da tenere ben presente perché adesso siamo noi ad essere tirati in ballo, anche noi con la nostra dura cervice, quando lasciamo che il mondo possa condizionare, se non cambiare, il modo di vivere che Gesù ci ha insegnato.
E’ evidente che a fronte di un ridimensionamento della presenza dei credenti, dei cattolici in particolare, nella società, la stessa ha perso la bussola e si sviluppa senza alcuna meta, senza alcun progetto, se non quello di chi vuole un’umanità serva dei poteri forti. Tenere gli uomini senza principi, senza valori, invischiati nelle mode stabilite, è il modo migliore, satanico, di renderli indifferenti alla vita stessa. E così assistiamo basiti a casi come quello successo in una scuola di Abbiategrasso o come quello dell’assassinio della giovane donna e del suo bambino in grembo di sette mesi. Poi si domandano come sia stato possibile arrivare a tale punto, senza però cercare le risposte vere, ma cavalcando l’emozionalità e le commozioni del momento. Anche basta, però, è ora, almeno per noi credenti, di essere uniti: “…fratelli siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
E’quel tendete alla perfezione che deve farci pensare, perché vuole proprio dire che bisogna cambiare registro e testimoniare con forza che un altro mondo è possibile. Dio è con noi, è quanto ci basta, tanto più che “secondo il suo disegno misericordioso Dio agisce in modo tale da far sì che ognuno abbia bisogno degli altri: Ciò che manca a uno, lo può trovare in suo fratello.” (Sant’Aelredo di Rievaulx)
Ed allora siamo o non siamo Chiesa? E’ l’ora di essere presenti, di testimoniare la nostra fede apertamente ripetendo: “…Benedetto sei tu…”, come proposto dal Libro del profeta Daniele, per ogni nostra azione, per ogni vicinanza, per ogni ringraziamento, per ogni sostegno, per la presenza dello Spirito Santo, che, comunque, non ci manda allo sbaraglio.
E poi, abbiamo Lui, venuto nel mondo non per condannarlo, ma per redimerlo, perché “…chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già condannato.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
In questa logica, quando mi capita di incontrare persone che non credono mi rattristo perché vorrei tanto che nessuno abbia ad essere perso, se non dannato, nella vita eterna. Perché quando “verrà con potenza nello splendore, ai giusti darà reverenza con grande gioia, ma all’occhio del perso o del dannato resterà solo quell’occhio terribile e oscuro che egli ha in sé medesimo e con quello lo vedrà.” (Santa Caterina da Siena) Decisamente non è una bella prospettiva, ma tutto dipende dal come ciascuno vuole vivere la sua vita terrena, è la libertà bellezza! Si tratta, alla fin fine, di non essere di dura cervice.
Grazia che ci permette di fare esperienza dell’Amore di Dio per l’uomo, che non ha paragone e che è iniziato fin dall’origine: “…che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità.” (dal Libro dell’Esodo)Un’eredità che spetta alla Chiesa, su mandato diretto dal suo fondatore. E’ da tenere ben presente perché adesso siamo noi ad essere tirati in ballo, anche noi con la nostra dura cervice, quando lasciamo che il mondo possa condizionare, se non cambiare, il modo di vivere che Gesù ci ha insegnato.
E’ evidente che a fronte di un ridimensionamento della presenza dei credenti, dei cattolici in particolare, nella società, la stessa ha perso la bussola e si sviluppa senza alcuna meta, senza alcun progetto, se non quello di chi vuole un’umanità serva dei poteri forti. Tenere gli uomini senza principi, senza valori, invischiati nelle mode stabilite, è il modo migliore, satanico, di renderli indifferenti alla vita stessa. E così assistiamo basiti a casi come quello successo in una scuola di Abbiategrasso o come quello dell’assassinio della giovane donna e del suo bambino in grembo di sette mesi. Poi si domandano come sia stato possibile arrivare a tale punto, senza però cercare le risposte vere, ma cavalcando l’emozionalità e le commozioni del momento. Anche basta, però, è ora, almeno per noi credenti, di essere uniti: “…fratelli siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
E’quel tendete alla perfezione che deve farci pensare, perché vuole proprio dire che bisogna cambiare registro e testimoniare con forza che un altro mondo è possibile. Dio è con noi, è quanto ci basta, tanto più che “secondo il suo disegno misericordioso Dio agisce in modo tale da far sì che ognuno abbia bisogno degli altri: Ciò che manca a uno, lo può trovare in suo fratello.” (Sant’Aelredo di Rievaulx)
Ed allora siamo o non siamo Chiesa? E’ l’ora di essere presenti, di testimoniare la nostra fede apertamente ripetendo: “…Benedetto sei tu…”, come proposto dal Libro del profeta Daniele, per ogni nostra azione, per ogni vicinanza, per ogni ringraziamento, per ogni sostegno, per la presenza dello Spirito Santo, che, comunque, non ci manda allo sbaraglio.
E poi, abbiamo Lui, venuto nel mondo non per condannarlo, ma per redimerlo, perché “…chi crede in Lui non è condannato, ma chi non crede è già condannato.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
In questa logica, quando mi capita di incontrare persone che non credono mi rattristo perché vorrei tanto che nessuno abbia ad essere perso, se non dannato, nella vita eterna. Perché quando “verrà con potenza nello splendore, ai giusti darà reverenza con grande gioia, ma all’occhio del perso o del dannato resterà solo quell’occhio terribile e oscuro che egli ha in sé medesimo e con quello lo vedrà.” (Santa Caterina da Siena) Decisamente non è una bella prospettiva, ma tutto dipende dal come ciascuno vuole vivere la sua vita terrena, è la libertà bellezza! Si tratta, alla fin fine, di non essere di dura cervice.
Es 34,4b-6.8-9 / Dn 3,52-56 / 2Cor 13,11-13 / Gv 3,16-18
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