Terza Domenica di Quaresima
Anno A
Parlare di acqua di questi tempi è come andare
a nozze, tutti drizzano le antenne e alzano lo sguardo al cielo nella speranza
d’intravedere qualche annuvolamento carico di futura pioggia. Nel contempo
proliferano i corsi per diventare specialista in rabdomanzia: un’antica
professione che darà gratificanti opportunità di lavoro ai nostri giovani
disoccupati in queste lande deserte che sta per diventare l’ex acquosa pianura
padana. A parte l’ironia su questo problema che, comunque, a me pare poco
normale quando vedo il cielo continuamente solcato da scie chimiche. Qualche
sospetto se lo portano dietro gli, ormai politicamente corretti, cambiamenti
climatici.
Parlando seriamente, invece, dall’ascolto della Parola credo si possa dedurre che il problema non è l’acqua, ma il cuore indurito degli uomini di ieri e quelli di oggi:“…in quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza d’acqua…misero alla prova il Signore dicendo: il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (dal Libro dell’Esodo)Quella domanda, possiamo porla anche oggi dopo tutti questi secoli di cristianesimo? Possibile che nonostante tutte le Sante Messe che si celebrano tutti i giorni, nonostante tutti i Santi e Beati che hanno versato il sangue per Cristo, nonostante tutti i miracoli Eucaristici, nonostante tutte le apparizioni mariane, ci si possa porre ancora la stessa domanda? Invero non ci sarebbe da meravigliarsene. Già ai suoi tempi, San Massimo Vescovo di Torino scriveva: “la situazione di oggi è simile a quella del tempo di Noè.” Il Vescovo intendeva il diluvio come un battesimo, perché proprio come un battesimo aveva spazzato via l’iniquità dei peccatori e risparmiato la giustizia di Noè. Allo stesso modo il Signore dà anche a noi questa Quaresima affinché, per lo stesso numero di giorni, si aprano i cieli per inondarci dell’acquazzone della misericordia divina”
Eccome ne abbiamo bisogno!
Occorre però sentire il Salmo che dice:“…non indurite il vostro cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto…mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere.” (Salmo 94)
Perciò occorre ricredersi e ricorrere “all’ospedale del pentimento che è aperto a tutte le malattie morali, perché il Signore è il medico ed accoglie il nostro pentimento al di là di ogni nostra speranza.” (San Romano il Melode). L’aveva già scritto San Paolo:“…la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” (dalla Lettera ai Romani)
Molto probabilmente anche la Samaritana aveva una speranza avvicinandosi al pozzo di Giacobbe per attingere l’acqua della giornata. La speranza che l’uomo là seduto l’aiutasse a tirar su il secchio. Invece quello, addirittura, le chiede da bere, senza neanche scomodarsi più di tanto. Alle rimostranze della donna, ecco l’impensabile:“…chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete, ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
L’impensabile è che Gesù stia parlando con una donna, una samaritana, tanto che pure i discepoli se ne meravigliano, ma soprattutto che le si manifesti. Blaise Pascal ha lasciato scritto fra i tanti pensieri: “Se Dio si scoprisse continuamente agli uomini, non avremmo alcun merito nel credere a lui. E se non si scoprisse mai, ci sarebbe poca fede. Invece si nasconde ordinariamente e raramente si scopre a coloro che egli vuole impegnare al suo servizio.” Come quella donna, che, dopo il trambusto provocato dalle conoscenze di Gesù nei suoi confronti, divenne lei stessa sorgente d’acqua che zampilla per i suoi concittadini. Il suo cuore indurito dalle sue faccende familiari, dalla vita grama cui doveva sottoporsi, ha riconosciuto la verità ed ha cominciato subito a gridarla per le strade di casa sua. L’acqua è la vita nel deserto, Gesù è la vita nel deserto di questa umanità che rifiuta la sua acqua. Non dimentichiamoci che i nostri primi nove mesi di vita sono praticamente vissuti nell’acqua del grembo di nostra madre e non è un caso. Solo un cuore indurito può rifiutare questa fonte di vita. Ma il Signore è ancora in mezzo a noi, nonostante tutto, proprio in quell’acqua primordiale, in cui anche lui ha proprio voluto vivere i suoi primi nove mesi di vita.
Parlando seriamente, invece, dall’ascolto della Parola credo si possa dedurre che il problema non è l’acqua, ma il cuore indurito degli uomini di ieri e quelli di oggi:“…in quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza d’acqua…misero alla prova il Signore dicendo: il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (dal Libro dell’Esodo)Quella domanda, possiamo porla anche oggi dopo tutti questi secoli di cristianesimo? Possibile che nonostante tutte le Sante Messe che si celebrano tutti i giorni, nonostante tutti i Santi e Beati che hanno versato il sangue per Cristo, nonostante tutti i miracoli Eucaristici, nonostante tutte le apparizioni mariane, ci si possa porre ancora la stessa domanda? Invero non ci sarebbe da meravigliarsene. Già ai suoi tempi, San Massimo Vescovo di Torino scriveva: “la situazione di oggi è simile a quella del tempo di Noè.” Il Vescovo intendeva il diluvio come un battesimo, perché proprio come un battesimo aveva spazzato via l’iniquità dei peccatori e risparmiato la giustizia di Noè. Allo stesso modo il Signore dà anche a noi questa Quaresima affinché, per lo stesso numero di giorni, si aprano i cieli per inondarci dell’acquazzone della misericordia divina”
Eccome ne abbiamo bisogno!
Occorre però sentire il Salmo che dice:“…non indurite il vostro cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto…mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere.” (Salmo 94)
Perciò occorre ricredersi e ricorrere “all’ospedale del pentimento che è aperto a tutte le malattie morali, perché il Signore è il medico ed accoglie il nostro pentimento al di là di ogni nostra speranza.” (San Romano il Melode). L’aveva già scritto San Paolo:“…la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” (dalla Lettera ai Romani)
Molto probabilmente anche la Samaritana aveva una speranza avvicinandosi al pozzo di Giacobbe per attingere l’acqua della giornata. La speranza che l’uomo là seduto l’aiutasse a tirar su il secchio. Invece quello, addirittura, le chiede da bere, senza neanche scomodarsi più di tanto. Alle rimostranze della donna, ecco l’impensabile:“…chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete, ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
L’impensabile è che Gesù stia parlando con una donna, una samaritana, tanto che pure i discepoli se ne meravigliano, ma soprattutto che le si manifesti. Blaise Pascal ha lasciato scritto fra i tanti pensieri: “Se Dio si scoprisse continuamente agli uomini, non avremmo alcun merito nel credere a lui. E se non si scoprisse mai, ci sarebbe poca fede. Invece si nasconde ordinariamente e raramente si scopre a coloro che egli vuole impegnare al suo servizio.” Come quella donna, che, dopo il trambusto provocato dalle conoscenze di Gesù nei suoi confronti, divenne lei stessa sorgente d’acqua che zampilla per i suoi concittadini. Il suo cuore indurito dalle sue faccende familiari, dalla vita grama cui doveva sottoporsi, ha riconosciuto la verità ed ha cominciato subito a gridarla per le strade di casa sua. L’acqua è la vita nel deserto, Gesù è la vita nel deserto di questa umanità che rifiuta la sua acqua. Non dimentichiamoci che i nostri primi nove mesi di vita sono praticamente vissuti nell’acqua del grembo di nostra madre e non è un caso. Solo un cuore indurito può rifiutare questa fonte di vita. Ma il Signore è ancora in mezzo a noi, nonostante tutto, proprio in quell’acqua primordiale, in cui anche lui ha proprio voluto vivere i suoi primi nove mesi di vita.
Es 17,3-7 / Sal 94(95) / Rom 5,1-2.5-8 / Gv 4,5-42
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