IN QUESTI GIORNI

Prima Domenica di Avvento - Anno C

In questi giorni si cominciano a vedere nei negozi i primi segni che preparano mentalmente all’imminente festa di Natale. Luci, ghirlande, cappellini da gnomi, babbi da coca-cola, neve finta, stelle di ghiaccio e chi più ne ha, più ne metta. Ma non sarebbe più logico cambiare nome a questa festa e chiamarla, per esempio “festa d’inverno”? Magari chi ci governa darebbe lo stesso la possibilità di fare vacanza: scuole chiuse, festività pagate senza lavorare, sconti per settimana bianca, bonus alberghi e chi più ne ha in mente più ne aggiunga. Oltretutto potrebbe stendere il colpo finale a quella favola della nascita di quel bambinello di nome Gesù.
Ma, non lo faranno perché un po’ di poesia fa sempre comodo per addolcire le amare pillole del dopo e per non alienarsi del tutto le gerarchie cattoliche. A proposito di queste ultime, al di là di alcune scelte che possono benissimo essere criticate, e a proposito della Chiesa cattolica bene fanno a concentrarsi sul significato di questo inizio d’avvento guardando a: “… in quei giorni e in quel tempo farò germogliare un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.” (dal Libro del profeta Geremia)
Come ben si sa, quella profezia, una volta per sempre, si è avverata con l’incarnazione del Figlio di Dio, di cui il 25 dicembre celebriamo l’anniversario della  nascita. Bene ha fatto San Francesco a rendere credibile e vivibile in prima persona quell’evento con il suo presepe vivente di Greccio. Nella memoria collettiva si è così fissata la coreografia che vede protagonisti adoranti il bambino Gesù, gli ultimi di quella società, i più poveri, gli umili, i derelitti perché a quelli viene resa giustizia. In questi giorni le cose non sono cambiate: nel suo presepe, quello della Sacra Famiglia, ci sono gli stessi protagonisti, ma si sono aggiunti i bambini non ancora nati, già ricercati dagli Erodi del terzo millennio, e i vecchi, soprattutto quelli ammalati che i Caronte di oggi vogliono rottamare. Confesso che nel mio presepe ci stanno, appunto, una statuina di una donna incinta e una statuina, antica, di una coppia di vecchierelli che si presentano alla capanna mano nella mano. E comunque tutte le statuine del mio presepe si trovano su dei sentieri che convergono, come a dire: “… fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri.” (dal Salmo)
E’ una preghiera che tutti, ogni giorno, all’inizio, appena alzati, dovremmo recitare perché crediamo di essere a posto, di essere buoni cristiani ed, invece, abbastanza spesso ci lasciamo prendere a braccetto da chi ha altri interessi, da chi tira acqua al suo mulino, da chi vuole strappare anime dal cuore di Dio. Sono pericoli, sempre in agguato, rischi cui siamo sottoposti da una società sempre più uniformata, più soggiogata ai voleri dei potenti. Che, infatti, non entrano nel presepe. Cercano, comunque d’intrufolarsi, pensiamo all’attuale presidente Usa, aggiungendo sacrilegi su peccati. Eppure basterebbe per costoro:“… voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.” (dalla prima Lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesi)
Certo che le conosciamo, grazie alle nostre famiglie, al nostro parroco, al catechismo. Ci vuole solo coerenza. Perché sennò il rischio è quello di perdersi:“… state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso.” (dal Vangelo secondo Luca)
In questi tempi stiamo vivendo, purtroppo, tutto questo. Quanta sofferenza, quanta solitudine, quanta desolazione segnano la vita di tanti. Forse non sanno che è il giogo del Signore, forse non sanno che molti stanno pregando per loro, di sicuro preghiamo affinché a nessuno accada di essere lasciato in quel giorno improvviso. A subitanea morte libera nos Domine.
Ger 33,14-16 / Sal 24(25) / 1Ts 3,12-4,2 / Lc 21,25-28.34-36

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