2 ottobre 2021

MISTERO GRANDE

XXVIIma Domenica T.O.(Anno B)

Guardate, non so voi, ma ogni volta che nella Bibbia, in particolare nei Vangeli, si parla del rapporto fra Dio e i bambini, io mi commuovo: “… e, prendendoli tra le braccia …” (dal Vangelo secondo Marco).
    Non esiste che un Dio si abbassi, si accovacci per guardarli negli occhi, per sorridere loro con quella tenerezza che tutti noi possiamo ben immaginare, per farci capire cos’è la maternità, la paternità. Lui ci dice che si trova alla perfezione con loro perché: “… in verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso.” (dal Vangelo secondo Marco)    Siccome noi sappiamo che il regno di Dio è presente in Gesù Cristo, lui è il Regno, capiamo bene che allora anche noi dobbiamo avere la mente e il cuore di un bambino, anche ora che abbiamo i capelli bianchi. In effetti, avviene più o meno così, se pensiamo al rapporto che si instaura fra nipoti e nonni. Loro, i bambini, vedono i nonni come degli angeli custodi, e loro, i nonni, tornano a vedersi come ad uno specchio fermo all’età della loro infanzia, trovando così quell’intesa impensabile, per esempio, fra genitori e figli.
    A proposito di genitori, qui s’innesta un discorso che sfocia in un mistero grande che è a fondamento in quell’origine che risale al più grande mistero dell’Amore di Dio verso l’uomo:
“ non è bene che l’uomo sia solo, voglio fargli un aiuto che gli corrisponda …”(dal Libro della Genesi)
    Perché la solitudine non deriva, che so io, dalla sfortuna, dagli eventi, ma fa parte di noi ed è l’ombra che ognuno fa a sé stesso. Per questo permette che ciascuno s’interroghi sull’Amore, che all’uomo viene donato, quell’ amore, nella persona della donna:“… per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne.” (dal Libro della Genesi)
    Ed essi non dubitarono, non erano più soli, si presero per mano e si volsero verso il loro creatore, non potevano ancora capire, ma già assaporavano il gusto del dono, e la gioia dell’unità, della fedeltà, della fecondità:“… la tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa.” (dal Salmo)
    Ho letto una bella frase tratta da un libro, “il Profeta”, di Stefano Biavaschi: “Amore amerete, sarete come due raggi che s’incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del ruotare della vita.” Ed insieme si va verso la stessa direzione, mano nella mano. I figli lasceranno le nostre mani, da bambini ci hanno indicato come accogliere il Regno e questo già basta, già ci spiega, in modo velato, il senso di quel mistero grande che accorpa il Sacramento del Matrimonio all’Amore di Cristo per la sua Chiesa. Non a caso è Lui che consacra l’unione dell’uomo con la sua donna, della donna con il suo uomo:“… infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine, per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.” (dalla Lettera agli Ebrei)            
    Ci si sposa, quando questa è la chiamata, per essere specchio di questa comunione, di essere fratelli, che va oltre la famiglia, che si allarga nell’amore oblativo, che ci unisce attorno a quella mensa di cui parla il salmo. In quell’intimità che si coglie nel sacro di una chiesa, nel mistero di una Eucaristia che ci fa diventare comunità, come un corpo ed un’anima sola.

Gen 2,18-24 / Sal 127 / Eb 2,9-11 / Mc 10,2-16
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