IIa Domenica T.O. (Anno B)
Nel
pieno dell’adolescenza si formano pensieri, valutazioni e decisioni ad ogni
livello: famigliare, sociale, politico, valoriale. E’ l’età in cui si apre la
mente, si lascia spazio al cuore, si libera l’inconscio e si guarda il mondo
con gli occhi di un bambino. Si vive in maniera autentica, si rifugge dal
pensiero comune e da logiche che non ti appartengono. Nel prosieguo degli anni,
nella giovinezza, la felicità diviene una scelta di vita. Qualcosa che
appartiene solo a sé stessi. Basta poco e ti sembra che tutto il mondo giri
intorno a te, in funzione di te. In questo, però, sta il rischio
dell’individualismo, del ripiegamento in sé stessi. Al punto di non sapere ben ascoltare,
come il giovane Samuele. Di solito il salto lo si riesce a fare solo se
s’incontra o si cerca il suggeritore giusto, il maestro, il confessore, l’amico
che t’instrada nella giusta direzione, quella di lasciarsi interpellare, di
capire che non si basta più a sé stessi. Ed allora, tutto cambia e, come
Samuele: “…eccomi…parla
Signore, perché il tuo servo ti ascolta.” (dal Primo Libro di Samuele).
Si
comincia così ad uscire dal proprio isolamento, ci si converte, cioè si cambia
i modi di pensare e di accogliere le parole di Gesù, il grande amico che sa
trasformare tutte le cose. “Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un
amico”, una battuta tratta da qualche antico film, che sa, però, rendere bene
l’idea che, in fondo, la preghiera, cioè la relazione con Dio, è proprio stare
anche per cinque minuti al giorno con un amico, uno stare seduti con Lui, anche
senza parlare. Fra amici ci si intende anche nel silenzio. Soprattutto perché
Lui ben sa della tua vita, della mia vita:“…nel
rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà.” (dal Salmo 39).
Al riguardo mi piace immaginare l’immensità di rotoli deposti su immensi scaffali, da cui mani sicure, di volta in volta, presi con amore, sciolgono i lacci per scrivervi i nomi di ciascuno di noi. Legge il nostro nome, che solo Lui conosce, il resto della storia ad altri è data la possibilità di proseguirlo, nel bene o nel male. Qui comincia l’eterna lotta che fisicamente ciascuno di noi deve affrontare nel corso della vita, sapendo che: “…non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo? Che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi.” (dalla Lettera di San Paolo ai Corinti)
L’apostolo delle genti è impetuoso con queste domande, pone con decisione il tema dell’impurità, nei costumi, nei comportamenti personali, nei confronti di coloro che hanno chiesto il Battesimo sapendo che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di loro. E’ un forte richiamo alla coerenza che vale per quei cristiani di Corinto, ma che vale anche per noi, cristiani di questa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, quando, e soprattutto, ci mettiamo in fila per ricevere la Santissima Eucaristia. Non possiamo diventare tempio del Signore e non avere cura e rispetto del nostro corpo, perché è con esso che comunichiamo, che testimoniamo la grande novità che è in noi. Certo, potremmo essere anche noi tardi di comprendonio, potremmo anche noi vedere passare Gesù e fissarlo con nostalgia, indecisi, ma comunque attratti: “…che cosa cercate?...Rabbi dove dimori? Venite e vedrete.” (dal Vangelo di Giovanni)
Gli chiediamo “dove dimori?” Poveri noi, già dovremmo saperlo che in primis dimoravamo in Lui, in quel rotolo del libro, ed adesso, da quel giorno della nostra “prima Comunione”, è Lui che dimora in noi. Era il primo maggio per me, da allora ci seguiamo a vicenda, ma è più Lui che mi ha seguito, che mi ha cercato, come in un “campo di granturco” , e mi ha trovato.
Al riguardo mi piace immaginare l’immensità di rotoli deposti su immensi scaffali, da cui mani sicure, di volta in volta, presi con amore, sciolgono i lacci per scrivervi i nomi di ciascuno di noi. Legge il nostro nome, che solo Lui conosce, il resto della storia ad altri è data la possibilità di proseguirlo, nel bene o nel male. Qui comincia l’eterna lotta che fisicamente ciascuno di noi deve affrontare nel corso della vita, sapendo che: “…non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo? Che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi.” (dalla Lettera di San Paolo ai Corinti)
L’apostolo delle genti è impetuoso con queste domande, pone con decisione il tema dell’impurità, nei costumi, nei comportamenti personali, nei confronti di coloro che hanno chiesto il Battesimo sapendo che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di loro. E’ un forte richiamo alla coerenza che vale per quei cristiani di Corinto, ma che vale anche per noi, cristiani di questa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, quando, e soprattutto, ci mettiamo in fila per ricevere la Santissima Eucaristia. Non possiamo diventare tempio del Signore e non avere cura e rispetto del nostro corpo, perché è con esso che comunichiamo, che testimoniamo la grande novità che è in noi. Certo, potremmo essere anche noi tardi di comprendonio, potremmo anche noi vedere passare Gesù e fissarlo con nostalgia, indecisi, ma comunque attratti: “…che cosa cercate?...Rabbi dove dimori? Venite e vedrete.” (dal Vangelo di Giovanni)
Gli chiediamo “dove dimori?” Poveri noi, già dovremmo saperlo che in primis dimoravamo in Lui, in quel rotolo del libro, ed adesso, da quel giorno della nostra “prima Comunione”, è Lui che dimora in noi. Era il primo maggio per me, da allora ci seguiamo a vicenda, ma è più Lui che mi ha seguito, che mi ha cercato, come in un “campo di granturco” , e mi ha trovato.
1Sam 3,3b-10.19 / Sal
39(40) / 1Cor 6,13c-15°.17-20 / Gv 1,35-42
digiemme