3 ottobre 2020

I NUOVI VIGNAIOLI

XXVIIma Domenica T.O. (Anno A)

Ognuno di noi, ogni giorno, si mette in cammino con delle idee su come si svilupperà la giornata e si parte fiduciosi e, a volte, pure baldanzosi. Poi, puntualmente, si rischia lo scontro con le cose che non vanno e ci si scioglie come neve al sole, in uno stato d’animo infelice. Non è giustificabile questo stato di cose perché, a ben guardare, siamo nelle condizioni di non poterci lamentare di tutto quello che abbiamo. Per dirlo con il metro della Parola, alla luce della fede, noi viviamo e operiamo in una “vigna”, dove abbiamo tutto e possiamo raccogliere ogni ben di Dio. Eppure, ci lamentiamo, ci distraiamo, andiamo sulla torre per vedere le attrazioni che ci sono fuori, che ci ammaliano e ci fanno dimenticare i nostri doveri. Al punto che facciamo perdere la pazienza al Signore:
“…che cosa dovevo fare ancora nella mia vigna che io non abbia fatto?” (dal Libro del Profeta Isaia).
Quella domanda, sia ben chiaro, non vale solo per gli ebrei di allora, è attuale ed opportuna anche per l’oggi, per la Chiesa del secolo XXI, per noi, uomini e donne, che a parole ci diciamo cristiani e nei fatti, professiamo un altro credo. Cioè, non perseveriamo nei compiti che ci sono stati assegnati fin dal giorno del Battesimo, fin dal profondo delle viscere di nostra madre, quando già tutte le nostre ossa erano conosciute dal Creatore della vita. Per questo ad alcuni è stato dato il talento, ma nulla è più comune di uomini di talento falliti, se manca la perseveranza. Ad alcuni il genio, ad altri l’istruzione, ma il mondo è pieno di genio incompreso, di istruiti inutili, se manca la perseveranza. E se manca la preghiera:
“…Signore, Dio degli eserciti, fa che ritorniamo, fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi.” (dal Salmo 79).
Solo in questa logica potremo essere considerati i nuovi vignaioli. Nuovi perché ci mettiamo in gioco, perché cambiamo il registro della vita. Niente più male per il male, disinteresse per l’onore al Signore della vita, ignavia per quanto di contrario alla Legge del Signore avviene nel mondo. Al riguardo, non ci sono mezze misure:
“…quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri.” (dal Vangelo secondo Matteo).
E’ già avvenuto una volta e non è detto che non possa avvenire, per quanto riguarda il popolo di Dio di oggi, ancora una volta. Sia ben chiaro, il disconoscimento, se avverrà, non vale per la Chiesa perché questa, fondata sul Sacrificio di Gesù Cristo, non può dissolversi. Vale, invece, per coloro che all’interno della Chiesa operano per un’altra chiesa, un’altra religione, guardano, infine, dalla torre ad altre vigne. E’ triste scrivere di questo, però:
“…non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presente a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.” (dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi).
E ritorniamo alla preghiera. E’ l’arma segreta della nostra perseveranza. Senza esimerci dalle nostre responsabilità, ovviamente, all’interno della vigna dove vediamo ciò che non va, ciò che non funziona, per mancata applicazione e comunione d’intenti. Soprattutto per mancata obbedienza al Padrone della vigna. Per quanto mi riguarda, allora, non posso che fare mia questa preghiera di Sant’Agostino che così si esprime:
“ O Signore, abbi pietà di me, non nascondo le mie ferite, tu sei il medico e io l’infermo. Tu sei misericordioso e io tanto povero. Donami ciò che tu comandi e poi comanda ciò che tu vuoi.”

Is 5,1-7 / Sal 79(80) / Fil 4,6-9 / Mt 21,33-43
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