Domenica XXIIma T.O. (Anno A)
E’
stato detto: “non aver paura della tua ombra: se la vedi vuol dire che c’è
tanta luce lì intorno.” E’ un pensiero sicuramente di effetto, fa pensare a
giornate assolate, a passeggiate sotto il sole, dove la tua ombra davvero ti
accompagna per il cammino che intendi percorrere. Ma quando è troppo, è anche
vero che si vuole rientrare. Pure quando c’è buio, infine, un filo di luce
filtra quanto basta per stendere un’ombra non ben riconoscibile: è questa che
fa paura. Non serve riandare ai tempi dell’infanzia quando nel coricarti ti
aggrappavi alle lenzuola chiudendo stretti gli occhi per non vedere quelle
ombre che cadevano intorno, oppure quando attraversavi di corsa il nero
cortile, cantando a squarciagola. Quelle sensazioni di disagio si vivono anche
adesso che l’età adulta è certificata. Le ombre, frutto di paurose condizioni
sociali e personali, ci sovrastano. E ci disorientano.
Riesce difficile
rimanere coerenti, soprattutto per un credente, un cattolico, in particolare.
Nelle scelte, nei comportamenti si ha quasi la paura di esprimersi in modo
deciso, non si fa più riferimento a quanto ci è stato insegnato nelle lezioni
di catechismo, come dire: “…così la parola del Signore è diventata per me causa
di vergogna e di scherno.” (dal Libro del profeta Geremia). Così,
poco per volta sta scomparendo il modo di essere cristiano, di credere che si
possa trasformare la società in cui viviamo in una sorta di regno in terra.
Così possiamo leggere che il quotidiano dei vescovi italiani sostenga la
liceità di una legge come la 194, quella che legalizza l’uccisione di figli non
ancora nati. Eppure, ancora una volta la Parola è semplicemente dirompente: “…non
conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare…per poter discernere la
volontà di Dio.” (dalla Lettera di San Paolo ai Romani). Trasformarci,
quindi, non per diventare un volontario sociale, un operatore “ong” o un
attivista ecologico, ma per capire cosa vuole Dio dalla mia vita. Lo si può
fare con la preghiera, la meditazione, l’ascolto interiore, la liturgia. Solo
così potremo anche noi gioire come il salmista: “…così ti benedirò per tutta la
vita, nel tuo nome alzerò le mie mani.” (dal Salmo 62). Sappiamo, però, che
dobbiamo lottare per avere questi momenti, perché è un attimo e te li sfilano
da sotto il naso, con tutte le scuse del mondo, una volta il diritto
costituzionale del progresso della nazione, un’altra l’emergenza sanitaria
piuttosto che sociale. Quante sofferenze da queste imposizioni. D’altronde Gesù
non è tenero: “…se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso,
prenda la sua croce e mi segua.” (dal Vangelo secondo Matteo). Ogni
giorno faccio scorrere i nomi dei Santi e dei Beati che vengono ricordati. Mi
stupisce il numero costante, ogni giorno, di cristiani che non si sono tirati
indietro di fronte al pericolo e hanno continuato a professarsi. Stavano
portando la loro, piccola o grande che fosse, croce. Quante ombre di paura, di
tentamenti li avranno sovrastati, ma loro, in sé stessi, hanno poi intravisto
la luce vera che li ha coperti della verità, che li ha accompagnati sereni al
martirio. Chi gridando “viva Cristo Re”, chi lasciando fare la volontà di Dio.
Perché “chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.”
Ger 20,7-9 / Sal 62(63) / Rm 12,1-2 / Mt 16,21-27
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