I SEGRETI DELL’UOMO VECCHIO


XVIII Domenica T.O. (Anno C)
Quando pensiamo alla morte, non pensiamo mai alla nostra in particolare perché la nostra è di là da venire, nei secoli dei secoli. E andiamo, petto in fuori, sicuri che a noi non succederà quello che tutti i giorni vediamo accade ai nostri parenti, amici, conoscenti, persone famose. Pensiamo sia giusto preoccuparci solo di arrivare, di saperla più lunga, o di non farsi notare più di tanto perché così si corrono meno rischi. Ci mettiamo impegno e costanza e ci dimentichiamo proprio di Colui che alla fine sarà la nostra porta oltre la vita terrena. Ed allora: “… quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore.”  (dal Libro del Qoelet)

Dalla “Imitazione di Cristo” di Sant’Ignazio si può leggere: “senza l’amore per Dio e senza la sua grazia a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine dei filosofi? Vanità delle vanità, tutto è vanità, fuorché amare Dio e servire lui solo”
D’altronde, non illudiamoci, davanti a Lui siamo come un libro aperto, ci sa girare come un calzino, non possiamo nasconderci neppure per un instante: “…davanti a te poni le nostre colpe, i nostri segreti alla luce del tuo volto.” (dal Salmo 89)
E i nostri segreti, ciascuno in qualche modo ne ha, ce li portiamo dietro anche quando pensiamo di essere a posto in coscienza, di aver ripreso a rispettare i precetti e i comandamenti, di pagare doverosamente la decima e di fare anche del volontariato. Sono quei segreti che, per certi versi non necessitano neppure di una confessione, sono quelli che continuano a mantenerci come se la ragione stesse sempre solo dalla nostra parte, come se non esistessero delle responsabilità, dei doveri nei confronti delle persone che ci stanno accanto, del posto in cui viviamo, della storia di cui siamo eredi. Sono quei segreti che ci mantengono vecchi: “…vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.” (dalla lettera di San Paolo ai Colossesi)
Mettiamoci a nudo, quindi, per rivestirci di sentimenti nuovi, di una umanità salvata, redenta da Cristo e per questo anche noi portatori di una speranza nuova. “Nessuno è troppo povero o troppo piccolo da non aver nulla da donare, né troppo ricco da non aver nulla da ricevere.” (Gérard Daucourt)
Quindi non è un problema di ricchezza o povertà, di genialità o ritardo intellettivo, di bello o brutto, di potente o plebeo, di forte o gracile, è solo una questione di stile di vita perché: “…fate attenzione a tenervi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede.” (dal Vangelo di Luca)
Queste Parole sono dure, ma realistiche. Innanzitutto basta fare un giretto presso i cimiteri, pure i monumenti spettacolari non aggiungono nulla alla fossa. In secondo luogo la cupidigia non è solo quella fondata sul denaro o sulla notorietà, sull’accumulo a tutti i costi, ma è pure ogni azione, ogni gesto, ogni pensiero, ogni segreto che ci allontana da Gesù Cristo. Se ci rendiamo conto di questo e di conseguenza ci sapremo regolare, stiamone certi, potremo guardare alla morte, pure con tutte le sue angustie, con serenità.
Qo 1.2;2,21-23 / Sal 89(90) / Col 3,1-5.9-11 / Lc 12,13-21

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