IL GRANDE E L’UMILE


XXII Domenica T.O. (Anno C)
Ho cercato strenuamente fra i grandi della terra imperanti nei nostri giorni se ci fosse almeno uno capace di vivere il suo stato con umiltà, ma, finora, non ne ho trovato neppure uno. Ci ho rinunciato. Viceversa, ci sono delle persone che conosco abbastanza bene che sono grandi, d’animo, di portamento, che vivono la loro vita in semplice umiltà, senza far pesare la loro florida situazione economica, anzi utilizzandola per fare del bene senza che la mano destra sappia quel che fa la sinistra “…quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore.” (dal Libro del Siracide).
Tutta grazia che riscatteremo, se così vivremo, quando ci presenteremo al giudizio del Buon Dio. Tutta grazia che, nel frattempo, dovremo utilizzare per vivere al suo cospetto durante la nostra breve vita: “…voi, invece, vi siete accostati alla città del Dio vivente…al Dio giudice di tutti…a Gesù mediatore dell’alleanza nuova.” (dalla Lettera agli Ebrei)

Teniamo ben presente, al riguardo, che il nostro Dio è vivente, cioè è presente nella città che è la sua Chiesa e noi siamo chiamati ad abitarla, a renderla bella e viva. Saremo giudicati anche su questo. Facciamo bene attenzione, di tempo non ne abbiamo molto, perché questa città è sempre meno bella e la morte aleggia su di essa. Già papa Paolo VI, desolato, affermava che il fumo di satana appestava le mura della Chiesa e la situazione è peggiorata. C’è una fuga dalle responsabilità paurosa e viene sottovalutata la pazienza del Signore. Caterina da Siena scriveva: “E’ impossibile agli uomini uscire da me; o dimorano in me sotto la stretta della giustizia che sanziona le loro colpe, o dimorano in me custoditi dalla mia misericordia. Apri dunque l’occhio della tua intelligenza e guarda la mia mano; vedrai che ti dico la verità.” E continuava: “Allora, aprendo l’occhio dello spirito per obbedire al Padre Altissimo, vedevo l’universo intero rinchiuso nella sua mano divina.”
Che bella visione, che grandezza di prospettiva, davvero non possiamo rifiutare di accostarci con fede sempre più limpida alla sua giustizia perché: “…i giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia.” (dal Salmo). E se c’è un luogo dove con entusiasmo si può e si deve esultare per la felicità quello è il banchetto di nozze. E’ il posto dove la gioia si espande, dove l’amore dividendosi si moltiplica, dove la vita trova terreno fertile per sbocciare come dono della Divina volontà e come partecipazione della natura umana incentrata sull’unione fra un uomo e una donna. Il rifiutare di parteciparvi, ancor peggio, parteciparvi per mettersi in primo piano, vuole dire perdere l’amicizia dello Sposo: “…perché chiunque si esalta sarà umiliato” (dal Vangelo di Luca)
E chi, invece, vive con umiltà quell’invito, per esempio quando si partecipa alla Santa Messa, sarà esaltato. Sempre Parola del Vangelo. E come esempio ci porta: “…quando offri un banchetto invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti.” Come dire, la tua condizione ti permette di sentirti un grande, ma se proprio vuoi guadagnarti la ricompensa alla resurrezione dei giusti, l’umiltà con la quale ti attorni di chi è nel bisogno è proprio quello che ci vuole. La mediazione di Gesù, mediatore della nuova alleanza di cui parla la Lettera agli Ebrei è proprio ben delineata nell’invito per noi, poveri, storpi, zoppi, ciechi, di partecipare al suo banchetto Eucaristico, sapendo che difficilmente saremo in grado di ricambiare, il suo Amore, come si dovrebbe. Con umiltà, non disperiamo, forse riusciremo a meravigliarlo, dopotutto abbiamo a disposizione la sua Grazia.
Sir 3,17-20.28-29 / Sal 67(68) / Eb 12,18-19.22-24a / Lc 14,1.7-14

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