Ho cercato strenuamente fra i grandi della
terra imperanti nei nostri giorni se ci fosse almeno uno capace di vivere il
suo stato con umiltà, ma, finora, non ne ho trovato neppure uno. Ci ho
rinunciato. Viceversa, ci sono delle persone che conosco abbastanza bene che
sono grandi, d’animo, di portamento, che vivono la loro vita in semplice
umiltà, senza far pesare la loro florida situazione economica, anzi
utilizzandola per fare del bene senza che la mano destra sappia quel che fa la
sinistra “…quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia
davanti al Signore.” (dal Libro del Siracide).
Tutta grazia che riscatteremo, se così
vivremo, quando ci presenteremo al giudizio del Buon Dio. Tutta grazia che, nel
frattempo, dovremo utilizzare per vivere al suo cospetto durante la nostra
breve vita: “…voi, invece, vi siete accostati alla città del Dio vivente…al Dio
giudice di tutti…a Gesù mediatore dell’alleanza nuova.” (dalla Lettera agli
Ebrei)
Teniamo ben presente, al riguardo, che il
nostro Dio è vivente, cioè è presente nella città che è la sua Chiesa e noi
siamo chiamati ad abitarla, a renderla bella e viva. Saremo giudicati anche su
questo. Facciamo bene attenzione, di tempo non ne abbiamo molto, perché questa
città è sempre meno bella e la morte aleggia su di essa. Già papa Paolo VI,
desolato, affermava che il fumo di satana appestava le mura della Chiesa e la
situazione è peggiorata. C’è una fuga dalle responsabilità paurosa e viene
sottovalutata la pazienza del Signore. Caterina da Siena scriveva: “E’
impossibile agli uomini uscire da me; o dimorano in me sotto la stretta della
giustizia che sanziona le loro colpe, o dimorano in me custoditi dalla mia
misericordia. Apri dunque l’occhio della tua intelligenza e guarda la mia mano;
vedrai che ti dico la verità.” E continuava: “Allora, aprendo l’occhio dello
spirito per obbedire al Padre Altissimo, vedevo l’universo intero rinchiuso
nella sua mano divina.”
Che bella visione, che grandezza di
prospettiva, davvero non possiamo rifiutare di accostarci con fede sempre più
limpida alla sua giustizia perché: “…i giusti invece si rallegrano, esultano
davanti a Dio e cantano di gioia.” (dal Salmo). E se c’è un luogo dove con
entusiasmo si può e si deve esultare per la felicità quello è il banchetto di
nozze. E’ il posto dove la gioia si espande, dove l’amore dividendosi si
moltiplica, dove la vita trova terreno fertile per sbocciare come dono della
Divina volontà e come partecipazione della natura umana incentrata sull’unione
fra un uomo e una donna. Il rifiutare di parteciparvi, ancor peggio,
parteciparvi per mettersi in primo piano, vuole dire perdere l’amicizia dello
Sposo: “…perché chiunque si esalta sarà umiliato” (dal Vangelo di Luca)
E chi, invece, vive con umiltà quell’invito,
per esempio quando si partecipa alla Santa Messa, sarà esaltato. Sempre Parola
del Vangelo. E come esempio ci porta: “…quando offri un banchetto invita
poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti.”
Come dire, la tua condizione ti permette di sentirti un grande, ma se proprio
vuoi guadagnarti la ricompensa alla resurrezione dei giusti, l’umiltà con la
quale ti attorni di chi è nel bisogno è proprio quello che ci vuole. La mediazione
di Gesù, mediatore della nuova alleanza di cui parla la Lettera agli Ebrei è
proprio ben delineata nell’invito per noi, poveri, storpi, zoppi, ciechi, di
partecipare al suo banchetto Eucaristico, sapendo che difficilmente saremo in
grado di ricambiare, il suo Amore, come si dovrebbe. Con umiltà, non
disperiamo, forse riusciremo a meravigliarlo, dopotutto abbiamo a disposizione
la sua Grazia.
Sir 3,17-20.28-29 / Sal 67(68) / Eb 12,18-19.22-24a /
Lc 14,1.7-14
digiemme