Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B)
Voglio
introdurre questa solennità del Corpus Domini con un pensiero di Chiara Lubich,
fondatrice dei Focolarini:
“Quando
l’ombra della croce appare, l’anima si raccoglie nel tabernacolo del suo intimo
e, scordando il tintinnio della campana, ti “vede” e ti parla. Sei tu che mi
vieni a visitare. Sono io che ti rispondo: “Eccomi Signore, te voglio, te ho
voluto”.
All’altare
c’è la croce, a quella, una volta, il sacerdote guardava e, implicitamente,
invitava a guardare tutti i fedeli, che non venivano ancora “chiamati” popolo.
All’altare
c’è il tabernacolo, è lì che viene custodita la verità della nostra fede, il
nucleo della nostra intimità con Dio, del nostro parlare con Lui. Noi che siamo
miseri, che ci rechiamo titubanti in chiesa, pensiamo di fare un favore a Dio
varcando quella sacra soglia, in verità, come dice Chiara Lubich, è Lui che ci
viene incontro in quell’Ostia Santa, il suo Corpo donato per noi, per me, per
te.
“…pietoso
e giusto è il Signore, il nostro Dio è Misericordioso. Il Signore protegge i
piccoli: ero misero ed egli mi ha salvato” (dal Salmo 115).
Ecco
chi siamo noi: i piccoli, che dobbiamo tutto alla sua protezione. Senza questa saremmo sballottati come fuscelli in un mare
tempestoso, ce lo dice anche il Vangelo di Marco:
“…tutti
rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “percuoterò il Pastore e le pecore
saranno disperse.”
E i
discepoli dicevano fra di loro, ma cosa dice mai, quando saremo a Gerusalemme
lo faranno re! Invece, eccome se lo percossero, lo flagellarono! E tutti si
dispersero.
Anche
oggi c’è da rimanere scandalizzati, quando vediamo che Cristo non è più al
centro della Fede della Chiesa e, di conseguenza, le pecore si disperdono. Come
piccoli senza guida, se ne vanno a destra e a sinistra, s’inventano nuovi
ovili, seguono false chiese e rischiano di dannarsi per l’eternità. Con
un’espressione moderna, diremmo che siamo immersi nella nebbia della
confusione, ma dalla Lettera agli Ebrei possiamo capire che la speranza non
muore:
“…Cristo,
invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri…Egli entrò una volta per
sempre nel santuario”.
Egli
è il Sommo Sacerdote, dunque, cui ogni sacerdote, ogni nostro parroco deve conformarsi
nel sacramento dell’Ordine, perché solo così sono garantiti i beni futuri,
quelli sulla terra, ma soprattutto quelli eterni. E quando si parla di
Santuario possiamo certamente guardare alla chiesa che frequentiamo come, pure,
al tabernacolo della nostra anima. E’ il santuario della nostra coscienza che
alimenta la nostalgia della verità, del bisogno di vivere la vita in modo degno
di figli di Dio. Ciò che salta all’occhio è quel “per sempre”. Dio non ci
molla, non molla l’uomo, il suo Amore è per sempre, la sua Parola non balbetta:
“…quanto
ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” (dal Libro
dell’Esodo).
E’
la sua legge che dovremo eseguire, presteremo ascolto alle sue esortazioni per
aiutare chi ha bisogno della nostra accoglienza, i più piccoli, i più indifesi,
i più poveri, che non possono essere lasciati indietro, abbandonati. Perché, in
tali casi, ci dice il Signore, non accogliamo Lui, lo lasciamo a parte,
perdendo così la bussola del nostro andare. Noi, invece, dobbiamo a tutti i
costi cercare la nostra “sala al piano superiore, arredata e pronta per la
cena”. Beati gli invitati alla cena del Signore, possiamo allora esclamare e
poi con umiltà, come i più piccoli dei fratelli, mentre ci avviamo per ricevere
l’Eucaristia, con le parole di Chiara Lubich pregare: “eccomi Signore, te
voglio, te ho voluto”.
Es
24,3-8 / Sal 115(116) / Eb 9,11-15 / Mc 14,12-16.22-26
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