Undicesima Domenica T.O.(Anno B)
Scriveva
il poeta D. Mallok: “se non potete essere un pino sulla vetta del monte, siate
una scopa nella valle, ma siate la migliore piccola scopa sulla sponda del
ruscello, siate un cespuglio se non potete essere un albero…”
Mi
sono venuti in mente questi antichi versi quando ho ascoltato le parole del
profeta Ezechiele:
“…sapranno
tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto
e innalzo l’albero basso.”
E’
una similitudine molto semplice da comprendere: più uno crede di essere
importante, più si crede bello e forte e in quel modo esercita la sua grandezza
e la sua potenza per farsi vedere, più il Signore gli preferirà quell’umile
poveraccio che riconosce i suoi limiti e con dignità impegna tutto sé stesso
per il bene suo e di coloro che gli stanno vicini. In questo modo si onora il
Signore che promette così:
“…se
i malvagi spuntano come l’erba e fioriscono tutti i malfattori è solo per la
loro eterna rovina…il giusto fiorirà come palme, crescerà come cedro del
Libano…fiorirà negli atri del Signore.” (dal Salmo).
Ancora
un albero, anzi più alberi, nelle loro specifiche caratteristiche, sono
utilizzati come indicatori per farci intendere che non dobbiamo demordere
quando vediamo che il successo arride a chi non cammina sulle vie del Signore,
mentre chi segue i suoi insegnamenti, molto spesso, si trova in difficoltà,
viene snobbato, sfruttato, deriso e pure perseguitato.
Non
preoccupiamoci più di tanto, stiamo nella casa del Signore, continuiamo a
frequentare la Sua Chiesa e vedrete che troveremo consolazione e misericordia.
Ci viene confermato da San Paolo nella sua Seconda lettera ai Corinti:
“…tutti
infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo per ricevere ciascuno
la ricompensa per le opere compiute…sia in bene che in male.”
E
dopo aver avuto gli alberi come immagini da utilizzare per riflettere sulla
Parola di Dio, ora ci viene donata una manciata di semi per andare oltre nella
comprensione:
“…così
è il Regno dei Cieli, come un uomo che getta il seme sul terreno, dorma o
vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non
lo sa.” (dal Vangelo di Marco).
Il
seme che viene gettato è la vita che viene donata ad ogni uomo procreato, quale
frutto dell’amore coniugale. In quell’atto, da quell’atto, che dorma o vegli,
di notte o di giorno, la madre non sa che quel seme cresce, tanto più il padre,
eppure il germoglio si trasforma, prosegue nel suo sviluppo, e loro non lo
sanno. E’ il miracolo della vita che utilizzando la figura dell’albero della
vita, illumina il seme che non si vede, le radici che si aggrappano al terreno
per dare forza e sviluppo all’età dell’uomo che nessuno più può fermare, salvo
peccare contro colui che ha gettato il seme. Perché, in qualche modo, che non
so intendere, in quel seme c’è il suo essere, nascosto in un “dna” che rimane
lì, nel profondo di quell’uomo che nel frattempo sta crescendo nel corpo, ma
pure nell’anima. E’ questa che nel corso della sua vita insorgerà di volta in
volta per accendere quella scintilla che permetterà di vedere e di conoscere la
rivelazione di quel Dio Creatore. Come? Nell’incontro con Gesù Cristo. Qui sta
il Regno di Dio, ora lo sappiamo, o meglio, pure noi stessi non lo sappiamo, ma
l’albero della vita siamo noi, ciascuno di noi ed è in ogni seme che il Buon
Dio vorrà continuare a spargere sul terreno del suo Popolo.
Ez 17,22-24 / Sal 91(92) / 2Cor 5,6-10
/ Mc 4,26-34
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