Decima Domenica T.O.(Anno B)
E’ una domanda, dove sei?, che vale per tutti noi, in qualche modo vale pure per
quelli che ci hanno preceduto. Ora, per loro, la domanda possiamo porla solo
noi, mentre il Signore Dio ben sa dove si trovano, in paradiso con lui, in
purgatorio, nella sofferenza della purgazione, o nell’inferno della dannazione
eterna.
Noi
invece abbiamo ancora qualche opportunità da giocarci, e la domanda non ci
lascia scampo:
“…ma
il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. Gli rispose: “ho udito
la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto.”
(dal Libro della Genesi).
La
voce che quell’uomo sentì è in realtà la voce della nostra coscienza che mette
a nudo il nostro modo di essere. Quando ci rendiamo conto di aver manipolato la
realtà ecco che comincia a farsi strada la paura. Questa può portare al rifiuto
dell’altro oppure produrre incomprensioni, prepotenze, paranoie.
Solo
quando quella voce riesce a scalfire la crosta del peccato che da allora
contraddistingue l’uomo nel suo libero arbitrio, solo in quei frangenti forse
riusciamo ad innalzare indegnamente la nostra preghiera:
“…dal
profondo a te grido Signore, Signore ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi
attenti alla voce della mia supplica.” (dal Salmo 129).
Vediamo
come è struggente questo passo del Salmo; chiede, per assurdo, che Dio non sia
più disattento ai bisogni di noi uomini, che adesso sia Lui ad ascoltare la
voce, come a dire “dove sei?” che qui le cose non vanno, non vanno affatto
bene. Tutto è frammentato, tutto è divenuto relativo e non c’è più unità
d’intenti:
“…Se
un regno è diviso in sé stesso, quel regno non può reggersi, se una casa è
divisa, quella casa non può reggersi…” (dal Vangelo di Marco).
E’
quanto sta succedendo: quali nazioni non si stanno sfaldando, soprattutto in
questa Europa scristianizzata?, quali famiglie si stanno sostituendo alla santa
ed unica vera famiglia? Un futuro che non potrà reggersi perché senza coesione.
Senza fondamenta nulla si può innalzare. In questa prospettiva solo la Chiesa
può ritornare ad essere un punto sicuro su cui giocare l’ultima carta:
“…per
questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va
disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno.” (dalla
seconda lettera ai Corinzi).
Ed
infatti, seppur un piccolo resto, ci sono ancora cristiani che credono nella
preghiera, negli atti di riparazione che la liturgia ci mette a disposizione.
Come avviene in tutte quelle città dove si fa sfoggio di gay-pride. Non c’è
desiderio di contrapposizione, non c’è supponenza di giudizio, ma solo dovere
di pregare perché l’uomo d’oggi si converta, sappia
comprendere il progetto di Dio, lo voglia accogliere e possa, così,
riabbracciare:
“…ecco,
tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano. Ma Egli
rispose loro: “chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?...chi compie la
volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre.” (dal Vangelo di
Marco).
Non
ci sono dubbi, dopo aver ascoltato questa Parola, significato di ogni nostra
testimonianza di fede è riconoscere nell’altro, nel prossimo, un nostro
fratello purché questi s’impegni a fare la volontà di Dio, cioè, innanzitutto,
amarlo e vivere nella sua legge e nella sua verità.
Sentiremo,allora,
ancora la voce sussurrarci “dove sei?”, ma voglia Dio, solo per chiamarci verso
la strada, perduta e ritrovata, che porta a Lui.
Gen 3,9-15 / Sal 129(130) / 2Cor
4,13-5,1 / Mc 3,20-35
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