Prima Domenica di
Avvento (Anno B)
A te, Signore, innalzo l’anima mia
“…tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie.” (dal Libro del profeta Isaia)
Essere pieni di gioia non vuol dire, infatti, essere come dei beoti, significa capire, finalmente, o intuire, che per iniziare un cammino che porti all’incontro con Dio occorre ricercare la giustizia, che riconosce il diritto e la dignità di ogni persona, a cominciare da quella più indifesa, come quella del bambino che fra qualche settimana contempleremo nelle nostre celebrazioni liturgiche e nei nostri presepi. E non solo perché ogni neonato attira tenerezza e bontà, lui, infatti, è il medesimo che poco prima stava nel ventre di sua madre. Ogni mamma in attesa, ogni bimbo in attesa di nascere sono degni di protezione.
Una volta
ho suddiviso il presepe in tre scene: l’Annunciazione, il cammino di Giuseppe e
Maria per andare a Betlemme, e la nascita nella grotta. Da tempo, ormai, nel
mio presepe ha preso fissa dimora la statuina della donna incinta, proprio per
ricordare questa verità che tutti devono rispettare. Chi non lo fa è come se
stesse lavorando in quella vigna ormai abbandonata, dove pascolano cinghiali,
percorsa da lupi e in cui nessun fico e nessun vitigno produce più frutto. Ma
davanti alla grotta si recheranno pastori e contadini, motivo per cui è più che
giustificata la preghiera del salmo:
“…guarda
dal cielo e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha
piantato.” (dal Salmo 79)
Ecco,
in questa desolazione in cui ci aggiriamo, un poco confusi e disorientati, teniamo
comunque fisso il nostro sguardo, in questa veglia di quattro settimane
coscienti che:
“…in
Lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della
conoscenza.” (dalla prima lettera di San Paolo ai Corinti)
Rendiamoci,
cioè, conto che questi doni sono alla nostra portata, forse non tutti noi
riusciremo a capirne la grandezza, ma ognuno, con il proprio carisma, potrà
metterli a disposizione della comunità. La Parola è il dono in assoluto più
importante, ascoltiamola tutti i giorni, anche se a volte ci riesce ostica, non
importa, lasciamo che lo Spirito lavori per noi. Al limite, senza remore,
cerchiamo il sacerdote, il fratello, la sorella, che ci aiuti nella ricerca
della vera conoscenza. Cerchiamo la luce. Platone scriveva che si può perdonare
il bambino che ha paura del buio, ma la vera tragedia della vita è quando gli
uomini hanno paura della luce. Perciò: “…quello
che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!” (dal Vangelo secondo Marco)
Perché
se è vero che l’uomo è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da
adulto tende alla realizzazione delle sue aspirazioni, avanzando nell’età
guarda al meritato riposo, è vero pure che l’attesa non è spasmodico consumo di
tempo, bensì, soprattutto in questo nostro tempo di inizio anno liturgico,
attesa come quella del “portiere”. Per non lasciare entrare nel suo, nel
nostro, cuore ciò che allontana dalla via che porta all’incontro con Gesù.
Is 63,16b-17.19b;64,3-7 /Sal 79(80) /
1Cor 1,3-9 / Mc13,33-37
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