5 gennaio 2019

LA STELLA DEL MISERO


Epifania del Signore 
Conosciamo bene la storia della stella cometa, che apparsa ai re magi a tempo debito, permette loro di arrivare al cospetto del Re dei re, così come ci viene narrato dai Vangeli. E’ una stella importante e giustamente viene messa in rilievo anche nei presepi e nei racconti favolistici che ci offrono quell’alone di mistero e di magia che tanto affascinano la nostra fantasia. C’è invece una stella, ancora più lucente, che brilla in eterno per indicare la vera strada a tutti gli uomini, soprattutto i più bisognosi:
“…perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. (dal Salmo 71)
Questa stella si manifesta su una culla di paglia, nelle sembianze di un neonato, ed attira a sé proprio i più miseri fra gli uomini, quelli che non si vantano delle proprie ricchezze e del proprio potere, quelli che non bestemmiano il cielo per la loro condizione di vita, quelli, insomma che sanno mettersi in viaggio, si direbbe oggi, in gioco, indipendentemente dal luogo di partenza. Sono miseri perché si fidano, come i pastori, sono miseri perché offrono ciò che hanno, come i Re Magi, sono miseri perché sanno rispondere alla chiamata:
“…le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo ed ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.” (dalla Lettera agli Efesini)

E’ la promessa che si concretizza nel fondamento della Chiesa, costituita da Gesù Cristo stesso sulla roccia di un misero pescatore. Per questo non è possibile alcuna speculazione sociologica sull’impatto che la Buona Novella dei Vangeli ha avuto e avrà sulla vita delle civiltà. Non ha portato alcuna rivoluzione, se non un modo diverso di rapportarsi con Dio perché chiamati, tutti indistintamente, da Lui stesso:
“…alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio.” (dal Libro del Profeta Isaia)
Anche noi ci raduniamo ogni domenica attorno al sacerdote per partecipare del Sacrificio che solo lui, il sacerdote, l’alter Cristus, può celebrare per il merito del Figlio di Dio. Anche noi veniamo da lontano e non guardiamo alle vesti che portiamo, siamo solo preoccupati di portare con noi i più deboli, i più indifesi fra di noi, li portiamo in braccio, li portiamo nei nostri grembi. Se solo giustificassimo anche una sola dimenticanza, anche solo un abbandono, un rifiuto, il peccato conseguente ci cancellerebbe da quella adunanza. Potremo anche essere presenti fisicamente ma è come se non ci fossimo. Non potremmo contemplare la sua gloria perché saremmo come Erode:
“…e quando lo avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo.” (dal Vangelo di Matteo) Sappiamo quale era la sua intenzione, sappiamo bene quali sono le prospettive di chi si presenta all’adunanza e non sa inginocchiarsi:
“…entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono…” (dal Vangelo di Matteo)
Chi non sa inginocchiarsi davanti al Santissimo e non lo adora, oltre che con le parole anche con il corpo, non è misero, non è capace di offrire il suo cuore, al limite solo la sua magnificenza che al Buon Dio proprio non serve.
Gesù, nelle sembianze di quel Bambinello, chiede, invece, di guardare a Lui per conoscere il Padre, di stringere le sue manine per non abbandonare alcuna mano che si protende verso le tue, di sorridere alla vita perché attraverso la nostra vita arriveremo alla sua eterna presenza. Per questo il dono che anche noi possiamo deporre ai piedi della sua culla, oggi in questo giorno della sua manifestazione, tratto dallo scrigno che è il nostro cuore, non può che essere, semplicemente, la nostra stessa misera vita.
Is 60,1-6 / Sal 71(72) / Ef 3,2-3a.5-6 / Mt 2,1-12

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