29 settembre 2018

IL PROFETA NASCOSTO


XXVI Domenica T.O.(Anno B)
Francesco d’Assisi era sicuramente un battezzato, di buona famiglia, come si diceva una volta, con buone prospettive future in società e nel lavoro. Pieno di vita, dunque, pronto a goderla come pure metterla in gioco per vanagloria. Osservante e rispettoso della religione e dei costumi, solo che un bel giorno:
“…e lo Spirito si posò su di loro; erano fra gli scritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento.” (dal Libro dei Numeri).
Francesco non era uscito per andare alla cattedrale, a sentire il Vescovo, perché lo Spirito lo spinse verso le rovine di una chiesa, nella quale vide la desolazione e l’abbandono. Si mise allora d’impegno per ricostruire le mura e per fare questo, “pietra su pietra”, si mise a profetizzare per le vie della sua Assisi, per le contrade più sperdute, cercando di vivere in povertà e invitando i ricchi, com’era lui, a dare altrettanto:“…e ora a voi ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi” (dalla Lettera di San Giacomo)
Dopo secoli e secoli, verrebbe da dire, caro Francesco, la situazione non è mutata. La dimensione profetica è quasi del tutto scomparsa nel clero, ai laici non si vuol dare credito, i ricchi padroneggiano ancora sulla povertà. Si vive come se Dio non esistesse più, le nostre città sono ridotte peggio di Sodoma e Gomorra o Ninive, c’è l’imbarazzo della scelta. Le chiese sono abbattute, vendute, donate agli islamici per farne moschee, i crocifissi tolti dalle aule scolastiche, con una chiesa in “uscita” che più libera non si può.
Francesco d’Assisi sembra guardarci con il suo serafico sorriso, invitandoci a meditare sul Salmo:
“…i cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia.”
L’autore del Cantico delle Creature, pregando con noi, nella fede che non conosce interruzioni di comunione, ci apre il cuore e la mente alla magnificenza del Buon Dio. Non come dei beoti ecologisti, tutti natura e specie animali, tutto da difendere, tranne il cucciolo d’uomo che può democraticamente essere centrifugato nel ventre materno, bensì come testimoni che annunciano con la propria vita, oltre la gloria di Dio, pure la sua tenerezza per le “sue creature”:
“…chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa.” (dal Vangelo di Marco)
Capite bene, chiunque ha il privilegio di essere dalla sua parte; a tutti è data la possibilità d’incontrarlo: è sufficiente essere caritatevoli, essere generosi verso il prossimo che è assetato, cioè in difficoltà, soprattutto se quel povero è di Cristo.
E’ un’azione che va in due direzioni, da Cristo e verso Cristo.
Diamo un bicchiere d’acqua, aiutiamo una mamma a non uccidere il figlio nel suo grembo, perché siamo di Cristo e lo facciamo nel suo nome.
Siamo sostenuti, aiutati nelle prove della vita perché siamo di Cristo; Lui non ci abbandona mai e i suoi soccorsi giungono attraverso le mani e il cuore di chi sa riconoscere in ogni uomo il sigillo d’amore del suo Creatore, seppure non sono ancora usciti per andare alla sua tenda. In comune, comunque, c’è e ci sarà la sua giusta ricompensa.
Nm 11,25-29 / Sal 18(19) / Gc 5,1-6 / Mc 9,38-43.45.47-48

digiemme