XXVI Domenica T.O.(Anno B)
“…e lo Spirito si posò su di loro; erano fra
gli scritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare
nell’accampamento.” (dal Libro dei Numeri).
Francesco non era uscito per andare alla
cattedrale, a sentire il Vescovo, perché lo Spirito lo spinse verso le rovine
di una chiesa, nella quale vide la desolazione e l’abbandono. Si mise allora
d’impegno per ricostruire le mura e per fare questo, “pietra su pietra”, si
mise a profetizzare per le vie della sua Assisi, per le contrade più sperdute,
cercando di vivere in povertà e invitando i ricchi, com’era lui, a dare
altrettanto:“…e ora a voi ricchi: piangete e gridate per
le sciagure che cadranno su di voi” (dalla Lettera di San Giacomo)
Dopo secoli e secoli, verrebbe da dire, caro
Francesco, la situazione non è mutata. La dimensione profetica è quasi del
tutto scomparsa nel clero, ai laici non si vuol dare credito, i ricchi
padroneggiano ancora sulla povertà. Si vive come se Dio non esistesse più, le
nostre città sono ridotte peggio di Sodoma e Gomorra o Ninive, c’è l’imbarazzo
della scelta. Le chiese sono abbattute, vendute, donate agli islamici per farne
moschee, i crocifissi tolti dalle aule scolastiche, con
una chiesa in “uscita” che più libera non si può.
Francesco d’Assisi sembra guardarci con il
suo serafico sorriso, invitandoci a meditare sul Salmo:
“…i cieli narrano la gloria di Dio, l’opera
delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il
racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia.”
L’autore del Cantico delle Creature, pregando
con noi, nella fede che non conosce interruzioni di comunione, ci apre il cuore
e la mente alla magnificenza del Buon Dio. Non come dei beoti ecologisti, tutti
natura e specie animali, tutto da difendere, tranne il cucciolo d’uomo che può
democraticamente essere centrifugato nel ventre materno, bensì come testimoni
che annunciano con la propria vita, oltre la gloria di Dio, pure la sua
tenerezza per le “sue creature”:
“…chiunque infatti vi darà da bere un
bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico non
perderà la sua ricompensa.” (dal Vangelo di Marco)
Capite bene, chiunque ha il privilegio di
essere dalla sua parte; a tutti è data la possibilità d’incontrarlo: è
sufficiente essere caritatevoli, essere generosi verso il prossimo che è
assetato, cioè in difficoltà, soprattutto se quel povero è di Cristo.
E’ un’azione che va in due direzioni, da
Cristo e verso Cristo.
Diamo un bicchiere d’acqua, aiutiamo una
mamma a non uccidere il figlio nel suo grembo, perché siamo di Cristo e lo
facciamo nel suo nome.
Siamo sostenuti, aiutati nelle prove della
vita perché siamo di Cristo; Lui non ci abbandona mai e i suoi soccorsi
giungono attraverso le mani e il cuore di chi sa riconoscere in ogni uomo il
sigillo d’amore del suo Creatore, seppure non sono ancora usciti per andare
alla sua tenda. In comune, comunque, c’è e ci sarà la sua giusta ricompensa.
Nm 11,25-29 / Sal 18(19) / Gc 5,1-6 / Mc
9,38-43.45.47-48
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