23 novembre 2025

Cristo Re dell’universo Anno C

Come andare in Paradiso

“Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”

 

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C’è un tempo che è il presente, é il più importante perché ci permette di capire come  viviamo la nostra quotidianità, la realtà che ci circonda. Il tempo passato, ormai, non conta più, mentre il futuro non è completamente alla nostra portata.
Secondo Carl Staples Lewis, il presente è il punto nel quale il tempo tocca l’eternità. Difficile da capire, se non lasciandoci trasportare verso il principio di ogni cosa, naturalmente anche della propria vita, con la gioia del cuore, proprio come dice il salmista: “…quale gioia, quando mi dissero: “andremo alla casa del Signore”. (dal Salmo 121)
Succedeva quando agli ebrei fu concesso di ritornare a casa, può succedere a noi ogni qual volta decidiamo di entrare nella casa del Signore che è la chiesa più vicina a casa nostra. Entrandoci non come turista, ma con il desiderio di un incontro, che è già volontà di abbandono verso un amore che è grazia. Perché “Dio è presente là dove c’è il desiderio di amarlo”. (San Pio da Pietrelcina)
Un desiderio connaturale, essendo sue creature, che si può esplicitare in ogni presente, in forza della Grazia che viene dal Battesimo. Un po’ come avvenne al “ladrone buono” in croce a fianco di Gesù: “…e disse: Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. (dal Vangelo secondo Luca)
In quel preciso momento, vedendo ciò che accadeva a Gesù, in quel tempo presente riconobbe la sua realtà di peccatore, se ne pentì e chiese perdono, abbandonandosi all’amore dell’Innocente che soffriva e moriva anche per lui.
Si dice che l’opposto della gioia non sia la sofferenza, ma la disperazione. Il “buon ladrone” accettò, quindi, la sofferenza, ma non disperò, tanto più che Gesù: “..gli rispose: in verità io ti dico: oggi sarai con me in paradiso”. (dal Vangelo secondo Luca)
Perciò anche a noi è data la possibilità di non disperare, quando accettiamo di credere e di riconoscere che: “…egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili”. (dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi)
“Egli” è Gesù Cristo, il Figlio incarnato, che ha voluto assumere le nostre sembianze, fin dal primo istante del suo concepimento, sottoponendosi alle stesse nostre età di sviluppo e di crescita, per annunciare a tutti gli uomini, con la sua vita, che ogni vita è degna dell’amore del Padre, anzi da Lui desiderata e protetta. E ciascuno di noi è chiamato ad esserne partecipe. E’ grandioso tutto questo, è un po’ come andare in paradiso, anche perché “Gesù non chiede grandi azioni, bensì soltanto l’abbandonarsi a lui e la riconoscenza”. (Santa Teresa di Lisieux)
Certo che “in paradiso non si va in carrozza” (San Pio da Pietrelcina), non ci vanno neppure i re, come quello di cui parla il secondo Libro di Samuele, anche perché ognuno ha le sue responsabilità cui corrispondere e che Gesù Cristo, Re dell’universo, di cui celebriamo oggi la festa, ha ben presente. Riconosciamolo una volta per tutte, affermiamo senza indugi e senza paura che: “..Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa” (dalla Lettera ai Colossesi)
Poniamoci, quindi, alla sua sequela, all’interno della sua Chiesa. In questa Chiesa di oggi, così sbattuta dai venti della modernità, con tutto ciò che ne consegue, presa da un tempo presente ripiegato sull’orizzontalità a cui si fa fatica ad indicare l’eternità a cui l’uomo è destinato. E però, nonostante tutto, al colmo della tempesta l’anima nostra riposa nelle braccia dello Sposo Divino, come un fantolino fra le braccia di sua madre. E’ già questo il paradiso.
2Sam 5,1-3  /  Sal 121(122)  /  Col 1,12-20  /  Lc 23,35-43
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