XIVma Domenica T.O.
Anno C
Ricordo che fece scalpore un’espressione di Papa Giovanni Paolo I
che, sorridendo com’era suo solito, sottolineava come Dio fosse Padre, ma anche
madre. Ho sintetizzato il concetto per evidenziarlo, perché, a suo tempo,
suscitò in me una piacevole constatazione che viene riportata anche nella prima
Lettura di oggi: “…voi sarete allattati e portati
in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un
figlio, così io vi consolerò.” (dal
Libro del profeta Isaia)
Più chiaro di così! E’ il Dio che
per farsi conoscere usa il linguaggio del corpo di una comune madre, di una
mamma che solo lei sa come accogliere, custodire, accarezzare, coccolare,
consolare il proprio figlio. Ecco, questo nostro Dio è fatto così, per ciascuno
di noi: ci chiama alla vita, ci accoglie e ci affida alla nostra mamma perché
sa che solo lei saprà come custodirci, come amarci.
Purtroppo, non sempre
avviene in questo modo perché parecchi figli vengono rifiutati e soppressi con
l’aborto volontario o con le pratiche di fecondazione artificiale; perché altri
sono abbandonati alla mercé di disumani sfruttatori; altri ancora lasciati
morire per fame o quali effetti collaterali di una guerra senza senso. Di
fronte a queste realtà la tristezza invade il cuore, bisognoso di una preghiera
che possa consolare, come questa di Santa Brigida di Svezia: “Gloria a Te, Signore mio Gesù
Cristo, per aver voluto che il tuo corpo benedetto fosse consegnato nelle
braccia della tua addolorata Madre e da lei avvolto in panni.”
Mi piace
sentire, allora, che tutti quei figli siano anch’essi consegnati sulle braccia
della Madre per eccellenza. Motivo per cui posso anch’io associarmi al salmista
quando recita: “…sia benedetto Dio, che non ha
respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia.” (dal Salmo
n.65)
In realtà, a volte il Signore ti
fa sentire il peso della croce, anche insopportabile. San Pio di Pietrelcina,
però, diceva che il Signore, appunto, pieno di amore e misericordia, ti tende
la mano e ti da forza.
Quella forza necessaria per
andare avanti nell’impegno dell’aiuto ad accogliere la vita, perché ogni
creatura ha diritto di essere rigenerata dal Battesimo e di essere aggregata al
popolo di Dio, per servirlo fedelmente e vivere nel suo amore. Non contano le
condizioni sociali, la religione, la cultura, le leggi, conta solo, come scrive
San Paolo: “…non è infatti la circoncisione
che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura.” (dalla Lettera
ai Galati)
Tutti noi, quindi, siamo nuove
creature, per questo dobbiamo ringraziare il Buon Dio e nostra mamma e nostro
papà, che si sono fidati e ci hanno affidato alla sua Chiesa nell’atto
sacramentale del Battesimo. Una scelta con conseguenze inimmaginabili per il
nostro bene e di quanti avremmo incontrato nella nostra vita. Come quello che è
successo a quei 72 discepoli di cui parla il Vangelo. Con umiltà e fedeltà, nel
nascondimento, lo avevano servito, gli avevano voluto bene. Felici per
l’incarico pubblico ricevuto, tornarono da Gesù entusiasti, anche stravolti
perché avevano potuto dire alla gente che il Regno di Dio era a loro vicino.
Possiamo dirlo anche noi, perché con il Battesimo siamo mandati, senza
illuderci, però, più di tanto solo perché qualche volta riusciamo a vincere il
peccato o non ci lasciamo indurre in tentazioni, in quanto ci dice Gesù: “…non rallegratevi però perché i
demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono
scritti nel cielo.” (dal Vangelo secondo Luca)
Quindi, ancora prima che ci
venisse assegnato alla nascita il nome deciso dai nostri genitori, il Buon Dio
aveva già provveduto. E’ questo il momento importante, il nome che rimarrà
tutta la vita e oltre, che ci identifica tra tutti gli uomini, perché ciascuno
è speciale per Dio Padre come lo è per una madre.
Is 66,10-14c / Sal 65(66) /
Gal 6,14-18 / Lc 10,1-12.17-20
digiemme