L’ALBERO DELLA VITA

XIa Domenica Tempo Ordinario(Anno B)
Da bambino se mi capitava di disegnare un albero, puntualmente tratteggiavo un tronco, dei rami e delle foglie. Lo schema era quello. Poi, invece, l’insegnante di matematica, che era anche insegnante di scienze, quando ci spiegava il mondo vegetale partiva sempre dalle radici.
Sono queste che, sviluppandosi nel nascosto alla vista, danno linfa al resto, permettendo alla pianta di germogliare, crescere, svilupparsi, dare frutti, fare ombra, frangivento, aria buona. Di fronte a questa cosa, man mano che crescevo anch’io, restavo sempre più stupito, meravigliato per tutti quei miracoli della natura vegetale che ci avvolge con le sue specie, e ci nutre con i suoi prodotti. Per similitudine, si può dire che la stessa cosa avviene anche per la specie umana. Senza quei nove mesi nascosti nel ventre di una donna, dove le radici di quell’essere umano si sviluppano prepotentemente, preparano il piano, con il famoso Dna, per la crescita progressiva di ogni risorsa, per ben nascere e poi crescere, e poi maturare, e poi invecchiare e poi morire, senza quell’ invisibile lavorio non ci sarebbe il miracolo della vita voluto dal Creatore. Ecco, sostanzialmente, parto da questa esplicita comparazione ben presente in natura per cercare di capire quanto la Parola di Dio ci dice attraverso le parabole: “… il Regno di Dio è come un granello di senape … è il più piccolo seme, ma quando cresce diventa più grande di tutte le piante dell’orto … fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra.” (dal Vangelo secondo Marco)

Guardate quanto è piccolo quell’essere umano appena concepito, nessuno sa ancora che è stato deposto, solo Dio e il suo Angelo Custode, eppure c’è già tutto quell’uomo o quella donna su cui tutta l’umanità potrà poggiarsi, come quegli uccelli, all’ombra del suo cuore, del suo genio, della sua forza, del suo amore. Se, poi, a tal proposito ragioniamo sapendo che il Regno di Dio è Gesù stesso, all’ombra di quei rami ci siamo proprio noi, che quegli uccelli del cielo che fanno il nido fra le sue foglie, siamo noi che troviamo rifugio nella sua Chiesa, in tutte le chiese dove quel piccolo seme è continuamente nascosto nel tabernacolo. Ci entriamo, in quelle chiese, fiduciosi, umili, sapendo della nostra pochezza, perché, dice il Signore: “… umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco.” (dal Libro del Profeta Ezechiele)
Non ci mette molto a tagliare chi si ritiene il più grande, il più maestoso, il più bello, ma poi non dà un frutto che sia un frutto. Mi viene in mente la parabola del fico seccato perché il giorno prima Gesù non vi aveva trovato fichi. Certo, non si era in stagione, ma quella strana storia serviva per spiegare che ogni giorno, per ciascuno di noi, quegli uccelli del cielo, è tempo di dare frutti, anche: “… nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore.” (dal Salmo)
Anch’io che ho i capelli, quasi, bianchi devo mettermi in testa che non sono dispensato da niente. Non c’è età che tenga, ogni tempo ha il suo da rendere. Fosse anche solo la preghiera, incessante e pressante. Non si va in pensione da questo impegno, neanche a 75 anni, perché: “… tutti, infatti, dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute, sia in bene che in male.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Gran brutta cosa sarebbe se negli ultimi anni avessimo solo oziato e vissuto di rendita. Saremmo solo degni di seccare come quel fico. Il buon seme nel giardino della nostra vita lo ha gettato il Buon Dio, mamma e papà, in speciale modo la mamma, lo hanno protetto, la famiglia, la Chiesa, gli amici, l’amore l’hanno visto germogliare e crescere per diventare, infine, quell’albero della vita che è ciascuno di noi.

Ez 17,22-24 / Sal 91 / 2Cor 5,6-10 / Mc 4,26-34
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